Criminalità e prigioni invisibili
A Fornelli, sull’isola dell’Asinara, l’anteprima del festival “Pensieri e parole”
STINTINO. Legalità, regole, diritti: parole-chiave che paiono fuori luogo nell’estate delle mille sagre, ma pervicacemente affermate dal festival “Pensieri e parole” nei suoi 10 anni di storia. Anche all’anteprima dell'edizione di quest’anno a Fornelli, dove Antonietta Mazzette e Daniele Pulino, autori del saggio “Gli attentati in Sardegna” (Cuec), hanno dialogato con il giornalista Giacomo Mameli, con Pierpaolo Congiatu, direttore del Parco nazionale, e con il sindaco di Bosa Luigi Mastino. Quest’ultimo, bersaglio lo scorso novembre di un attentato incendiario, ha testimoniato sulle dinamiche degli atti intimidatori, che in un contesto sociale omertoso destabilizzano la sfera degli affetti familiari delle vittime. Contrariamente alla percezione comune, il numero degli attentati a imprenditori supera di gran lunga quello agli amministratori. Come è capitato nel triangolo Stintino-Portotorres-Asinara negli anni scorsi: una motonave e un trenino su gomma dati alle fiamme, un'altra imbarcazione sabotata, auto incendiate di traghettatori e personale della capitaneria. Esauritosi sulla costa il ciclo dell'edilizia, l’Asinara è diventata economicamente appetibile: da una parte la compatibilità ambientale, dall'altra quella sociale. Con un denominatore comune: l’insofferenza alle regole. La ricerca di Mazzette e Pulino individua proprio nell’analisi del contesto sociale degli attentatori e delle vittime, del ruolo/latitanza delle istituzioni, della esistenza o meno di una comunità la via maestra per contrastare il fenomeno criminale.
Dopo il dibattito, i racconti di libertà della “Ciurma anemica” di Daniela Cossiga e Salvatore Delogu. E l’apertura della mostra allestita nei corridoi del supercarcere: pannelli, monitor, video, modellini di scenografie, due celle allestite come set teatrale per raccontare il rapporto fra il teatro di Samuel Beckett e il mondo contemporaneo. Yosuke Taki curatore della mostra “Prigionie (in)visibili” prodotta dal Dipartimento cultura di Roma Capitale, spiega che «sono stati i carcerati a capire per primi il vero senso della drammaturgia di Beckett, a partire un prigioniero tedesco che tradusse e mise in scena “Godot” pochi mesi dopo la sua prima mondiale. I carcerati riconoscono nelle pagine di Beckett la propria condizione, il senso di una grottesca prigionia, anzitutto mentale». La mostra è visitabile fino al 4 settembre, mentre il festival si terrà dal 19 al 21 agosto: il programma sarà annunciato a breve. Info: festivalasinara.it.