Il genetista conferma le origini comuni tra i sardi e i baschi
«L’isola popolata da genti iberiche nel Mesolitico». Lo sostiene Paolo Francalacci, dell’Università di Sassari
SASSARI. La ricerca di Juan Martin Elexpuru sui toponimi sardi trova conferma anche negli studi del genetista delle popolazioni Paolo Francalacci dell’Università di Sassari.
«Sostanzialmente sono popolazioni che hanno un’origine comune – conferma lo studioso – . A proposito ci sono ipotesi discordanti sul primo popolamento dell’isola, altri colleghi sostengono che l’isola sia stata abitata a partire dal Neolitico da genti che arrivavano dal Medio Oriente, dalla Mezza luna fertile. Dal mio punto di vista il Dna mitocondriale (cioè i geni di origine materna che permettono di studiare le generazioni passate, ndr) e il cromosoma Y, (cromosoma che è la chiave per la determinazione del sesso maschile, ndr) raccontano una storia un po’ diversa».
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Secondo Francalacci la migrazione è avvenuta prima: «Nel Mesolitico, me lo fa pensare un marcatore particolare del cromosoma Y il cosiddetto M26, alcune varianti tipicamente sarde sono assenti in Medio Oriente e diffusissime in Sardegna. Il 40/45 per cento della popolazione lo ha nei propri geni, in pratica un sardo su due – sostiene lo scienziato –. L’M26 è diffuso soprattutto, in frequenze più basse, nella penisola iberica, in Europa occidentale, nella regione dei Pirenei e se ne ritrovano tracce fino all’Inghilterra».
La glaciazione spiega, per lo studioso, un’origine così lontana: «18/20mila anni fa esistevano i cosiddetti “rifugi dai ghiacci”, delle oasi in cui l’uomo era sopravvissuto alla glaciazione. Questi rifugi si trovavano nei Balcani e nella penisola iberica e limitatamente nella penisola italiana. Dai Balcani l’uomo ha cominciato a muoversi, in cerca di sostentamento, verso l’Europa centrale. Un movimento a tenaglia partito anche dall’attuale Spagna e raccontato bene dai marcatori genetici che ritroviamo in Castiglia e nella Francia meridionale. Questi uomini provenienti dalla penisola iberica hanno attraversato il braccio di mare, dalla Liguria e dalla Toscana, reso breve dal ghiaccio, e sono arrivati in Sardegna».
Pochi coraggiosi viaggiatori che hanno popolato l’isola, sottolinea il genetista: «Si è verificato quello che chiamiamo “effetto fondatore”: anche se in pochi, questi uomini si sono riprodotti». E conservato il loro bagaglio genetico. «Immaginiamo, per capire meglio – spiega Francalacci –, una ipotetica popolazione con solo tre cognomi: Rossi, Bianchi e Verdi ecco che tutti i loro eredi, per generazioni, senza influssi esterni e in crescita esponenziale porteranno sempre uno di questi tre cognomi».
«La Sardegna è grande – conclude lo studioso– e permette il sostentamento e la crescita dei suoi abitanti che possono mantenere così le loro caratteristiche. La Corsica, invece, non ha preservato questi primi marcatori, i corsi erano di meno e hanno avuto un rapporto più intenso con il continente, questi segni si sono diluiti e i corsi sono diventati una popolazione italica, e questo si vede anche nella lingua corsa e nei cognomi». (p.cu.)