«La seduzione, un gioco a somma zero»
di Roberta Sanna
Elena Bucci, interprete e regista, parla de “Le relazioni pericolose” che porterà stasera sul palco del Comunale di Sassari
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SASSARI. «Siamo partiti dal romanzo di Choderlos de Laclos e abbiamo usato il teatro come una navicella del tempo che potesse andare avanti e indietro, mettendo in scena anche l’autore, con un piccolo sguardo anche alla sua mente, al suo gioco di specchi. Perché De Laclos era uno stratega, un militare, non un vero e proprio scrittore, ma il suo romanzo epistolare dalla fine del ‘700 è riuscito a parlare nei secoli successivi, e ora a noi. Sono quei misteri che avvengono ogni tanto».
Elena Bucci, vincitrice di un Premio Duse e un Premio Ubu come migliore attrice, parla dello spettacolo “Le relazioni pericolose” di cui sarà protagonista insieme a Marco Sgrosso stasera alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e sabato al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, nella breve tournèe con il Cedac partita ieri da San Gavino. «Abbiamo osato molto dividendo fra tre attori tutti i personaggi, molti dei quali passano attraverso la voce di De Laclos, interpretato da Gaetano Colella. Ma ci siamo accorti che il pubblico riesce ad entrare nella storia, anche chi non ha letto il libro e chi non ha visto il famoso film di Frears, racconta l’attrice, che firma anche la regia e insieme a Sgrosso l’elaborazione drammaturgica, oltre ad interpretare le due opposte protagoniste, la Marchesa di Merteuil e la Presidentessa di Tourvel. E quasi un’allusione – spiega – al fatto che due figure così diverse possano essere spinte da un’identica motivazione di autenticità, di libertà. Ma è anche il modo per sospendere giudizi moralistici e innamorarsi di tutti i personaggi, quelli apparentemente negativi, quelli che manipolano e quelli che sembrano innocenti. È stato un rituffarci dentro il romanzo, che avevamo attraversato molti anni fa e a cui siamo ritornati per amore dello strumento delle lettere».
Elemento, quello epistolare, che sembrerebbe lontano dai nostri tempi. Ma, sottolinea Elena Bucci, «la modalità degli strumenti telematici che ha sostituito l’epistola di un tempo può essere assimilata alla folla di messaggi, WhatsApp e mail che ugualmente comunicano nell’assenza fisica dell’interlocutore, con la tendenza a spingerci a non essere sinceri e rappresentarci anzi nell’immagine di noi che vorremmo avere o che altri vogliono, mentre invece il linguaggio diretto attraverso il non verbale del corpo, degli occhi e del magnetismo personale offre altri segnali, e implica un impegno ben diverso nella relazione. Qui questo strumento è in mano a creature di una classe sociale agiatissima, in un periodo storico in cui uomini e donne avevano accesso a un alto livello di cultura. Però tutta questa intelligenza e la ricchezza di possibilità non son tradotti in processi evolutivi, ma in gioco, gioco di manipolazione reciproca, soprattutto nel caso della Marchesa e di Valmont. Quasi un gioco fine a se stesso, in cui nessuno dei personaggi, descritto sette anni prima della Rivoluzione francese, ha il minimo sentore del grande rovescio che sta per avvenire. Nessuno va a finire bene. Quest’ubriacarsi della propria intelligenza, del proprio potere sugli altri, porta lontano da sé stessi e dai desideri più intimi. E staccarsi dalla propria autenticità è spesso letale».
Elena Bucci, vincitrice di un Premio Duse e un Premio Ubu come migliore attrice, parla dello spettacolo “Le relazioni pericolose” di cui sarà protagonista insieme a Marco Sgrosso stasera alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e sabato al Teatro Grazia Deledda di Paulilatino, nella breve tournèe con il Cedac partita ieri da San Gavino. «Abbiamo osato molto dividendo fra tre attori tutti i personaggi, molti dei quali passano attraverso la voce di De Laclos, interpretato da Gaetano Colella. Ma ci siamo accorti che il pubblico riesce ad entrare nella storia, anche chi non ha letto il libro e chi non ha visto il famoso film di Frears, racconta l’attrice, che firma anche la regia e insieme a Sgrosso l’elaborazione drammaturgica, oltre ad interpretare le due opposte protagoniste, la Marchesa di Merteuil e la Presidentessa di Tourvel. E quasi un’allusione – spiega – al fatto che due figure così diverse possano essere spinte da un’identica motivazione di autenticità, di libertà. Ma è anche il modo per sospendere giudizi moralistici e innamorarsi di tutti i personaggi, quelli apparentemente negativi, quelli che manipolano e quelli che sembrano innocenti. È stato un rituffarci dentro il romanzo, che avevamo attraversato molti anni fa e a cui siamo ritornati per amore dello strumento delle lettere».
Elemento, quello epistolare, che sembrerebbe lontano dai nostri tempi. Ma, sottolinea Elena Bucci, «la modalità degli strumenti telematici che ha sostituito l’epistola di un tempo può essere assimilata alla folla di messaggi, WhatsApp e mail che ugualmente comunicano nell’assenza fisica dell’interlocutore, con la tendenza a spingerci a non essere sinceri e rappresentarci anzi nell’immagine di noi che vorremmo avere o che altri vogliono, mentre invece il linguaggio diretto attraverso il non verbale del corpo, degli occhi e del magnetismo personale offre altri segnali, e implica un impegno ben diverso nella relazione. Qui questo strumento è in mano a creature di una classe sociale agiatissima, in un periodo storico in cui uomini e donne avevano accesso a un alto livello di cultura. Però tutta questa intelligenza e la ricchezza di possibilità non son tradotti in processi evolutivi, ma in gioco, gioco di manipolazione reciproca, soprattutto nel caso della Marchesa e di Valmont. Quasi un gioco fine a se stesso, in cui nessuno dei personaggi, descritto sette anni prima della Rivoluzione francese, ha il minimo sentore del grande rovescio che sta per avvenire. Nessuno va a finire bene. Quest’ubriacarsi della propria intelligenza, del proprio potere sugli altri, porta lontano da sé stessi e dai desideri più intimi. E staccarsi dalla propria autenticità è spesso letale».