Mirto, inebriante profumo di Sardegna
di Giovanni Fancello
Liquore ma non solo: dal sale aromatizzato all’acqua degli angeli
09 giugno 2018
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Non c’è pranzo o cena che in Sardegna non si chiuda con un bicchierino di profumato mirto. Caldo ed avvolgente, perpetua momenti ed evoca vacanze.
Quando si parla di mirto, non si pensa alla lussureggiante macchia che invade ogni angolo dell’isola, ma al liquore simbolo di Sardegna. Una visione purtroppo superficiale che non rende giustizia al sempre verde arbusto che d’estate esplode in una magnifica e generosa fioritura, di un bianco candido. Con il passare dei giorni e della stagione le bacche maturano sino ad acquisire il caratteristico colore nero, ma anche bianche le più rare. Il frutto è pronto sul finire del mese di novembre ed è da questa data che inizia il periodo di raccolta e si protrae fino a gennaio. L’abbacchiatura è principalmente fatta a mano o con appositi pettini usati dai professionisti che conferiscono il mirto alle aziende trasformatrici. Il mirto si presta a molteplici utilizzi: per uso alimentare, o per uso fitoterapico, grazie alle proprietà balsamiche e antinfiammatorie del suo olio essenziale. «Anche il mirto subisce le bizze della natura – riferisce Paolo Melis dell’azienda Bresca Dorada di Muravera –. Data la siccità dello scorso anno, la raccolta è stata più onerosa e ridotta, col conseguente aumento del costo della materia prima. Il prodotto non ha subìto, per fortuna, danni e la qualità è rimasta eccellente. Noi utilizziamo il mirto per produrre il liquore mediante miscelatura dell’essenza ottenuta per infusione delle bacche, ed anche delle foglie nell’alcol, con uno sciroppo di zucchero e miele. Con le bacche aromatizziamo il sale marino sardo; confezioniamo marmellate e dolcetti di cotogne con crema di mirto, glassati al cioccolato. Il nostro mercato è la Sardegna, ma anche la Germania, gli Stati Uniti e buona parte d’Europa».
A Sassari, nell’orto dell’antico convento benedettino di San Pietro in Silki, sopravvive una pianta di mirto secolare, forse la più antica, di circa 600 anni. L’origine della parola mirto proviene dal greco myron o myrtos (profumo), grazie alla persistente fragranza che i fiori emanano. Pianta sacra a Venere, divenuta simbolo di fecondità. Il bianco e la delicatezza dei profumati fiori hanno da sempre simboleggiato la purezza. Plinio il Vecchio riporta che gli sposi durante il banchetto nuziale portavano sul capo corone di mirto.
«Il mirto è la pianta simbolo della Sardegna – riferisce Federico Lai, olianese, prossimo alla laurea in biologia e raffinato cuoco – ed è una pianta aromatica fondamentale in cucina. I suoi profumi rimangono stabili anche durante la cottura e persistono anche dopo. Sia le bacche, sia le foglie sono ottime nella marinatura degli alimenti e con i loro tannini trasmettono inconfondibili note amare. Io faccio essiccare a bassa temperatura foglie e bacche per conservare intatti gli aromi poi le polverizzo e le uso per condire pancette e guanciali. Gli oli essenziali vengono assorbiti dal grasso e gli aromi si fissano donando sapore e profumo al salume». I profumieri medievali ottenevano, per distillazione, dei fiori “l’acqua degli angeli”, utilizzata per mantenere fresca la pelle.
Nel Medioevo i semi e le foglie venivano triturati e mescolati al vino ed erano considerate un rimedio contro l’avvelenamento dai funghi e contro la peste. «Io raccolgo il mirto nel monte Arci – assicura il famoso gelatiere di Marrùbiu Fabrizio Fenu – per ottenere ingredienti importanti per i miei gelati. Con le foglie tagliuzzate faccio una infusione nel latte e panna e realizzo un gelato e anche un sorbetto». I suoi gelati stanno varcando l’isola e settimanalmente Fenu raggiunge Boston per insegnare le tecniche di produzione. «All’estero porto sempre con me le materie prime sarde, le essenze di mirto naturali non mancano mai, e questo – aggiunge Fenu – mi consente di allargare l’attività. Prossimamente aprirò un locale a Cagliari in piazza Galilei». Il mirto in Sardegna è da sempre base aromatica della cucina tradizionale, ed ancor oggi, grazie alla sua fragranza dà carattere alla cucina contemporanea, abbellisce coste ed insinuanti cale e, con piccoli sorsi inebrianti, regala ebbrezza.
Quando si parla di mirto, non si pensa alla lussureggiante macchia che invade ogni angolo dell’isola, ma al liquore simbolo di Sardegna. Una visione purtroppo superficiale che non rende giustizia al sempre verde arbusto che d’estate esplode in una magnifica e generosa fioritura, di un bianco candido. Con il passare dei giorni e della stagione le bacche maturano sino ad acquisire il caratteristico colore nero, ma anche bianche le più rare. Il frutto è pronto sul finire del mese di novembre ed è da questa data che inizia il periodo di raccolta e si protrae fino a gennaio. L’abbacchiatura è principalmente fatta a mano o con appositi pettini usati dai professionisti che conferiscono il mirto alle aziende trasformatrici. Il mirto si presta a molteplici utilizzi: per uso alimentare, o per uso fitoterapico, grazie alle proprietà balsamiche e antinfiammatorie del suo olio essenziale. «Anche il mirto subisce le bizze della natura – riferisce Paolo Melis dell’azienda Bresca Dorada di Muravera –. Data la siccità dello scorso anno, la raccolta è stata più onerosa e ridotta, col conseguente aumento del costo della materia prima. Il prodotto non ha subìto, per fortuna, danni e la qualità è rimasta eccellente. Noi utilizziamo il mirto per produrre il liquore mediante miscelatura dell’essenza ottenuta per infusione delle bacche, ed anche delle foglie nell’alcol, con uno sciroppo di zucchero e miele. Con le bacche aromatizziamo il sale marino sardo; confezioniamo marmellate e dolcetti di cotogne con crema di mirto, glassati al cioccolato. Il nostro mercato è la Sardegna, ma anche la Germania, gli Stati Uniti e buona parte d’Europa».
A Sassari, nell’orto dell’antico convento benedettino di San Pietro in Silki, sopravvive una pianta di mirto secolare, forse la più antica, di circa 600 anni. L’origine della parola mirto proviene dal greco myron o myrtos (profumo), grazie alla persistente fragranza che i fiori emanano. Pianta sacra a Venere, divenuta simbolo di fecondità. Il bianco e la delicatezza dei profumati fiori hanno da sempre simboleggiato la purezza. Plinio il Vecchio riporta che gli sposi durante il banchetto nuziale portavano sul capo corone di mirto.
«Il mirto è la pianta simbolo della Sardegna – riferisce Federico Lai, olianese, prossimo alla laurea in biologia e raffinato cuoco – ed è una pianta aromatica fondamentale in cucina. I suoi profumi rimangono stabili anche durante la cottura e persistono anche dopo. Sia le bacche, sia le foglie sono ottime nella marinatura degli alimenti e con i loro tannini trasmettono inconfondibili note amare. Io faccio essiccare a bassa temperatura foglie e bacche per conservare intatti gli aromi poi le polverizzo e le uso per condire pancette e guanciali. Gli oli essenziali vengono assorbiti dal grasso e gli aromi si fissano donando sapore e profumo al salume». I profumieri medievali ottenevano, per distillazione, dei fiori “l’acqua degli angeli”, utilizzata per mantenere fresca la pelle.
Nel Medioevo i semi e le foglie venivano triturati e mescolati al vino ed erano considerate un rimedio contro l’avvelenamento dai funghi e contro la peste. «Io raccolgo il mirto nel monte Arci – assicura il famoso gelatiere di Marrùbiu Fabrizio Fenu – per ottenere ingredienti importanti per i miei gelati. Con le foglie tagliuzzate faccio una infusione nel latte e panna e realizzo un gelato e anche un sorbetto». I suoi gelati stanno varcando l’isola e settimanalmente Fenu raggiunge Boston per insegnare le tecniche di produzione. «All’estero porto sempre con me le materie prime sarde, le essenze di mirto naturali non mancano mai, e questo – aggiunge Fenu – mi consente di allargare l’attività. Prossimamente aprirò un locale a Cagliari in piazza Galilei». Il mirto in Sardegna è da sempre base aromatica della cucina tradizionale, ed ancor oggi, grazie alla sua fragranza dà carattere alla cucina contemporanea, abbellisce coste ed insinuanti cale e, con piccoli sorsi inebrianti, regala ebbrezza.