Intervista a Carla Gravina: "Amo ancora Gian Maria Volonté"
L'attrice il 5 agosto compie 80 anni: "Il cinema mi fece fuori per il legame con Gian Maria. Che errore vendere la casa alla Maddalena"
Il 5 agosto Carla Gravina compie 80 anni. Dal 1994 ha lasciato le scene, ma il suo contributo alla storia del cinema, del teatro e della televisione in Italia resta indimenticabile. Una carriera iniziata da adolescente, lanciata da Alberto Lattuada che la vede per strada a Roma all’uscita da scuola e le propone un provino («Gli dissi di chiamare mio padre, lo conosceva come regista e quindi mi diede il permesso»), e proseguita per quasi quattro decenni tra set e palcoscenici. Un percorso artistico, segnato da un talento naturale nella recitazione, andato di pari passo con l’impegno politico che l’ha fatta diventare anche una figura simbolo del femminismo. Poi, 27 anni fa, la scelta di ritirarsi a vita privata. Da allora anche pochissime interviste. In occasione dell’omaggio organizzato al festival della Maddalena “La valigia dell’attore”, guidato dalla figlia Giovanna che sull’isola si è trasferita da molto tempo, l’attrice antidiva è tornata a parlare. Pur non partecipando alla serata a lei dedicata durante la diciottesima della rassegna maddalenina intitolata a quello che è stato il suo grande amore: Gian Maria Volonté.
Signora Gravina, qual è la prima cosa che le viene in mente pensando alla Maddalena?
«Il rimpianto di aver venduto la casa che avevo là. Avrei dovuto tenerla, ho fatto una stupidaggine. Ogni tanto ci penso: era una casetta stupenda, con un cortile davanti. Purtroppo a volte si fanno delle fesserie e venderla lo è stato. Se ce l’avessi ancora credo che oggi vivrei proprio alla Maddalena».
Come scoprì l’arcipelago?
«Non stavamo già più insieme, ma è stato Gian Maria a farmi scoprire La Maddalena. Un luogo meraviglioso di cui mi sono innamorata subito, tanto da comprarmi una casa. Ma non mi faccia pensare ancora a questo che sono arrabbiata con me stessa. Che pazzia venderla!».
Può comunque tornare almeno per rivedere l’isola.
«Sì, e mi sono ripromessa di farlo perché manco da troppo tempo. Giovanna mi dice sempre che se voglio viene lei a prendermi a Roma. E poi alla Maddalena vive, ed è cresciuto, anche il mio bellissimo nipote».
Al festival organizzato da sua figlia è stata omaggiata con la proiezione del film “La terrazza”. Come ricorda quell’esperienza, diretta da Ettore Scola?
«C’era un cast incredibile. Un film importante e un ruolo molto adatto a me. Con Scola poi avevamo un bel rapporto di amicizia, ci si vedeva anche fuori dal set».
E dello sceneggiato “La locandiera” di cui è stato proposto sempre al festival uno stralcio?
«Ritengo sia una delle cose più belle che ho fatto. Anche perché interpretavo una Mirandolina diversa dalle solite, davvero moderna».
Ma preferiva recitare su un palco o davanti alla camera?
«Diciamo che per un periodo non ho potuto scegliere e ho dovuto fare teatro. Ho iniziato come attrice di cinema, e mi piaceva tanto, ma la mia carriera sullo schermo si è come interrotta dopo l’incontro con Gian Maria e la nascita di Giovanna. Una storia d’amore con un uomo sposato e una figlia nata fuori dal matrimonio: nei primi anni Sessanta non era una cosa accettabile, fu uno scandalo e il cinema mi chiuse le porte. Non mi facevano lavorare. Ricevetti molti insulti, però mi piace ricordare ci furono anche tante donne che mi scrissero lettere di incoraggiamento».
Con Volonté poi l’amore finì.
«Non era un uomo facile e anche io, insomma, ero tosta. Però l’ho amato tanto e lo amo ancora. Quando in televisione trasmettono un suo film e lo vedo mi emoziono ancora».
Eravate anche vicini politicamente, un impegno che nei primi anni Ottanta lei ha vissuto in Parlamento.
«Mi è successo anche quello. Dico così perché la candidatura e l’elezione sono arrivate in modo un po’ strano. Sono sempre stata vicina ideologicamente al Pci, dal partito lo sapevano e nel 1979 mi chiedono di partecipare alle elezioni. Io facevo l’attrice, non mi andava di prendere un impegno del genere, ma alla fine accettai. Anche perché mi avevano detto di non preoccuparmi, che non sarei stata eletta e la mia candidatura, nella circoscrizione di Milano dove tra l’altro non conoscevo nessuno, serviva solo per dare una mano. Invece risulto tra i primi non eletti, muore Luigi Longo e devo prendere il suo posto».
Segretario del Pci di allora era Enrico Berlinguer. Che rapporto aveva con lui?
«Lo ricordo come una persona deliziosa, anche se timida. Gli volevo bene e lo ammiravo. Ho cercato di seguire il suo esempio di serietà quando ero deputata».