La storia dell'isola "scolpita" nel ferro
Roberto Ziranu: «Con i miei graffi ho reso omaggio a personaggi come Gigi Riva, Grazia Deledda, Edina Altara»
Il ferro regala 12 volti della Sardegna antica e contemporanea. Grazie alla mano creatrice di Roberto Ziranu, 53 anni, originario di Orani, paese di grandi firme nell’arte e nell’artigianato. Li ha riuniti nella mostra “I 12 graffi”, presente da venerdì nell’area museale dello stadio del Cagliari calcio. La si potrà visitare per un mese. Prima che le sculture ripartano per un giro di altre 17 tappe, da sud a nord dell’isola, toccando anche i capoluoghi Sassari e Oristano. L’avvio dall’Unipol Domus non è causale. Uno dei volti immortalati da Ziranu è quello del calciatore Gigi Riva. «Lo apprezzo – dice l’artista – prima di tutto come uomo. L’unico a unire la Sardegna e amarla più degli stessi sardi». Tra i personaggi, l’ex bomber del Cagliari e della Nazionale è l’unico vivente. Come in un percorso storico, “I 12 graffi” di Ziranu partono da Eleonora d’Arborea, la giudicessa della Carta De Logu, e continuano con gli artisti Costantino Nivola, Edina Altara, Maria Lai. Tra gli uomini di spettacolo, i cantanti Andrea Parodi, Maria Carta e Piero Sanna, quest’ultimo tra i fondatori del gruppo dei tenore di Bitti, “Remunnu ’e Locu”. Nel pantheon uno spazio privilegiato per Grazia Deledda: «Ho voluto rendere onore a una sarda – continua Ziranu – le cui virtù sono state riconosciute fuori dell’isola, non certo tra la sua gente». Tra i “graffi” in mostra il volto dell’archeologo Giovanni Lilliu, lo scopritore della reggia nuragica di Barumini, e del giornalista Paolo Pillonca. C’è anche “s’accabadora”, una figura della tradizione sarda, lugubre e misteriosa come qualsiasi elemento legato alla morte.
Ma l’arte dell’ultima fatica di Ziranu è, piuttosto, un inno alla vita: «Nella mia attività – dice – ho sempre bisogno di creare e sperimentare cose nuove. Capire cosa mi può dare, prima di tutto in termini di emozioni, il ferro, il materiale a cui ho legato vita e professione». Ziranu parla di cinque mesi di lavoro «intenso e sofferto». Di ogni figura ha disegnato il volto sulla carta velina e poi picchettato i segni sul ferro, con scalpello e martello. «Ma la parte più complicata – spiega ancora l’artigiano di Orani – è stato lo sbalzo, sul lato posteriore della lastra, per creare la fisionomia, con i suoi vari elementi». A lavoro finito ed esposto, l’osservatore ritrova i visi e le storie dei 12 personaggi, con più o meno rughe, con espressioni che mutano nello stesso tempo in cui la luce o l’ombra scorre sui loro lineamenti. Fermato il ciclo del gambale e del corpetto del costume, così come delle vele e delle farfalle, la collana dei personaggi. Un legame ideale, che si può fare iniziare da quando, a 20 anni, disse a suo padre, Silverio, il maestro nella fucina, di volersi mettere in proprio: «Volevo un’attività tutta mia – racconta ancora Roberto – e soprattutto fare delle cose nuove, rispetto ai fabbri della mia famiglia, di cui rappresentavo la quarta generazione. Prima di trovare la strada – aggiunge – ho pianto e lottato». Nel 2018 il “corpetto” di Ziranu vince la Biennale dell’artigianato di Roma. La sensazione di avercela fatta proprio mentre riceve il premio in Campidoglio. Ma ha già avuto vetrine importanti alle fiere dell’artigianato, sempre nella capitale, a Firenze e a Milano. Ha esposto in Portogallo, a Monaco di Baviera e in Qatar. Le sue opere sono distribuite da Los Angeles alle isole della Guadalupa, oltre che nelle ville e negli hotel della Sardegna e del Continente, arredate con i dischi sbalzati e cromati. Ma non è finita: «Devo creare cose nuove – dice Ziranu – per regalare altre emozioni». Le ultime dai dodici visi, che raccontano la storia dell’isola.