Ecco l’antologia “Sassaresi per sempre”: vizi e virtù di una città schietta
A cura di Pier Bruno Cosso. Diciassette autori e altrettante storie, tra nostalgia e voglia di guardare avanti
Sassari Non tutto è bello, quasi niente è perfetto, ma non è affatto vero che è tutto da rifare. O peggio, da buttare. Perché anche la nostalgia dei luoghi e delle persone va contestualizzata. Sassari cambia, con la modernità perde parte della sua anima, ma il fascino del suo modo di essere e del modo di essere vissuta sono un fenomeno da studiare.
Leggere “Sassaresi per sempre. Viaggio emozionale nel cuore di Sassari” (“Edizioni della Sera”, 163 pagg., 16 euro) è come fare un biglietto per un luogo in qualche modo che alla finzione ha sempre scelto la realtà. Anche cruda. Sassari non ama infiocchettarsi, tanto meno prendersi troppo sul serio, e in questo volume curato da Pier Bruno Cosso si mostra proprio come nel suo essere naturale: senza veli. Diciassette capitoli, diciassette autori e altrettanti racconti, con la prefazione di Lorena Piras e la postfazione di Aldo Addis, per un viaggio nella Sassari di ieri, avant’ieri ma anche di oggi. Non tutti gli autori sono sassaresi, e anche questa scelta va nella direzione di uscire dai cliché, nel bene e nel male. Francesca Arca, Fabio Burzagli, Lalla Careddu, Alberto Cocco, Pier Bruno Cosso, Eugenio Cossu, Franca Falchi, Marco Farina, Emma Fenu, Maria Antonietta Macciocu, Isabella Mastino, Alessandra Piras, Maria Piras, Silvia Sanna, Andrea Sini, Maria Teresa Tedde e Piero Zucca raccontano la città che hanno visto, che vedono o che immaginano. Una Sassari che puoi scoprire arrivando dall’aeroporto, dal mare o dalla stazione, nel cui spirito puoi penetrare semplicemente facendo una corsa sul tram (autobus, per i non autoctoni) che attraversa il quartiere “alto” di Luna e Sole”, ascoltando una discussione tra i bagnanti alla Rotonda di Platamona, in un bar del centro o in un circolo dove quasi quarant’anni dopo si parla ancora della trasferta “oceaanica” ad Alessandria per assistere al trionfo della Torres di Zola.
C’è una Sassari complicata, dentro questo volume, piena di problemi, economici e di identità, e sinceramente nostalgica per i tempi che furono. Anche se non necessariamente erano tempi migliori. C’è una Sassari che si veste di diffidenza nei confronti dei nuovi arrivati (un tempo furono “i sardi”, oggi sono gli extracomunitari), ma che in realtà ha grande rispetto di chi rema dalla parte giusta, di chi prova a fare qualcosa di buono per se stesso e per gli altri. “Sassari è una malattia lenta e subdola – scrive Alberto Cocco, cagliaritano trapiantato nel Capo di Sopra –, che ti ruba piano e ti avvolge con il suo spirito pigro e canzonatorio, disincantato e desideroso d’amore”. Forse la chiave è proprio questa: serve solo darle un po’ più d’amore.