La Nuova Sardegna

L’intervista

Lella Costa: «Dalle manipolazioni della lingua ai femminicidi, Shakespeare autore contemporaneo»

di Alessandro Pirina
Lella Costa: «Dalle manipolazioni della lingua ai femminicidi, Shakespeare autore contemporaneo»

L’attrice milanese diretta da Gabriele Vacis porta nei teatri dell’isola l’Otello

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L’immortalità dei classici è un classico intramontabile. Testi scritti secoli fa che possono senza problemi essere ambientati ai giorni nostri. L’Otello di Shakespeare ne è un esempio. Ed è proprio questa sua contemporaneità che ha spinto Lella Costa e Gabriele Vacis a ritirare fuori dal cassetto il loro Otello, uno spettacolo che insieme - lei sul palco e lui dietro le quinte -avevano portato in scena 25 anni fa. E ora con il loro “Otello / di precise parole si vive” sbarcano in Sardegna sotto le insegne del Cedac: appuntamento domani 16 gennaio ad Arzachena, venerdì 17 ad Alghero, sabato 18 a Ozieri, domenica 19 a Sanluri e lunedì 20 a Carbonia.

Lella, torna in scena con l’Otello 25 anni dopo la prima volta: avete dovuto adattare il testo ai giorni nostri?

«In realtà, lo abbiamo adattato molto poco pur essendo un testo di circa 400 anni fa. Il nostro ragionamento nasce proprio da questo. Con Vacis abbiamo affrontato la riscrittura di alcuni classici, dalla Traviata ad Amleto, ora l’Otello, e ci siamo trovati di fronte ad alcuni temi che sembrano scritti domani mattina. Nell’Otello c’è il tema del lavoratore straniero altamente qualificato che incanta tutti quelli che lo ascoltano, a partire da Desdemona. Ha imparato la lingua del paese che lo ospita. Ha una venerazione per questa lingua e per Venezia, che dopo averlo usato lo mollerà al suo destino. Lui avrà di fronte a sé un manipolatore del linguaggio che dal nulla riesce a ordire una trama per lui inimmaginabile. E anche questo tema, l’uso del linguaggio, se pensiamo al dilemma sulla veridicità o meno dell’informazione, è di strettissima attualità. Per non parlare di un altro tema attualissimo, il femminicidio».

Quanto è cambiata la nostra società rispetto a 25 anni fa?

«Non è cambiata. Per esempio il femminicidio c’era anche allora ma non esisteva una parola per definirlo. Oggi, ahimè, è diventato indispensabile trovarla per una cosa che accade dalla notte dei tempi ma è inaudito succeda ancora oggi. Dieci anni fa con Serena Dandini siamo state le prime a denunciare con “Ferite a morte”, che parlava esattamente di questo. È evidente che esista una patologia di relazione tra maschile e femminile che non si è in grado di curare. Non credo che tutti gli uomini siano potenzialmente degli omicidi, ma c’è una patologia di quella relazione che spesso non porta a nulla di spaventosamente grave, ma talvolta sì».

Cosa l’ha colpita più di tutte del testo di Shakespeare?

«Desdemona è giovane, intelligente, sa quello che le succederà e quando Emilia, moglie di Iago, le chiede come sta la sua risposta è: “in verità mezza addormentata”. Che è quella sensazione di torpore, quando pensi che ormai sia tutto perduto, che ho spesso trovato nei racconti di donne sopravvissute alla violenza o di persone vicine a donne vittime di femminicidio. Quando si dice “c’erano tutti i segnali” si fa riferimento proprio a quella sensazione di immobilità perfettamente descritta da Shakespeare 400 anni fa».

I grandi classici si confermano il miglior modo per leggere la contemporaneità.

«Esatto. Quando uno vuole raccontare certe cose, anziché riscriverle daccapo, forse conviene riproporre i vecchi testi con il punto di vista attuale». Il teatro è come un classico: non muore mai. «Il teatro è qualcosa di unico. La percezione che noi abbiamo sul palco è che quello che avviene in quel momento non accadrà più. Fa effetto in un’epoca in cui tutto è riproducibile».

Lei ha iniziato in tv come attrice comica. Le manca fare ridere il pubblico?

«Shakespeare riesce sempre a mettere il momento di sollievo. In tutti i suoi testi ci sono ironia graffiante, battute esilaranti. Non c’è una differenza sostanziale tra fare ridere o fare piangere, conta dare sensazioni».

È stata la prima conduttrice di Amici: ripensa mai alla tv come una carriera mancata?

«Quella fu farina del sacco di Maria De Filippi, tra noi c’era grande affinità, forse perché tutte e due lombarde. Ma quello non era il mio mestiere, non mi sentivo a mio agio, non ero preparata. Poi nel 2017 Renzo Arbore mi chiese di fare una cosa per Rai 3 su Mariangela Melato. “Puoi condurla solo tu”, mi disse. Per me fu un’emozione fortissima. Lì ero nel mio, sono riuscita a prendermi quei momenti di sospensione e di commozione. Era un programma che mi assomigliava. Per il resto, siccome non mi propongono niente e io non mi propongo, continuo benissimo con il teatro».

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