L’arte del filindeu oltre i confini dell’isola
Gianfranca Dettori ha mostrato come si creano “i fili di Dio” al Salone del gusto di Torino”
Nel cuore di Sennori, Gianfranca Dettori tiene viva una delle tradizioni culinarie più antiche e affascinanti dell’isola: la preparazione del filindeu, la leggendaria “pasta dei fili di Dio”. Questa arte, tramandata di generazione in generazione, è oggi considerata una rarità, soprattutto per la sua complessità tecnica nella preparazione. Gianfranca Dettori, sennorese doc, è una delle poche persone al mondo che ancora preserva questa arte, trasformando un semplice impasto in un’opera d’arte unica.
«Non è solo una pasta, è un legame con le nostre radici, un pezzo della nostra anima che non possiamo perdere», racconta Gianfranca. La preparazione del filindeu inizia con un impasto semplice di semola di grano duro e acqua. Gianfranca lavora l’impasto manualmente per circa un’ora, idratandolo continuamente con una soluzione di acqua e sale fino a raggiungere una consistenza elastica e uniforme. Il processo richiede pazienza, sensibilità e la capacità di capire il momento esatto in cui l’impasto è pronto per essere trasformato. L’impasto viene poi tagliato in pezzi, che vengono arrotolati in cilindri e “tirati” con le mani. È qui che si manifesta la maestria della tradizione: i cilindri vengono piegati in due, poi in quattro e così via, fino a otto piegature, creando una trama di 256 fili sottilissimi. Ogni piega deve essere eseguita con precisione millimetrica, senza rompere i fili.
«Ogni filo deve avere quasi lo spessore di capello» dice Gianfranca. Una volta creati i fili, vengono stesi su un piano rotondo di circa mezzo metro di diametro, realizzato con foglie di asfodelo intrecciate, un materiale che permette un’asciugatura naturale. I fili vengono disposti in tre strati sovrapposti, con angoli di sessanta gradi tra uno strato e l’altro, formando una trama che ricorda una tessitura. Dopo l’essiccazione, il filindeu è pronto per essere utilizzato, ma la sua preparazione non si limita alla tecnica: «Ogni passaggio è un atto d’amore verso la terra e le sue tradizioni, io infatti utilizzo materie prime di assoluta qualità e per l’impasto prediligo semole macinate a pietra, anche se più grezzo in cottura rende molto di più» dice Gianfranca.
La pasta viene tradizionalmente immersa in un brodo di pecora e arricchita con pecorino fresco acidificato. Gianfranca ha appreso l’arte dell’impasto non solo grazie a una tradizione di famiglia ma anche grazie agli insegnamenti delle anziane del suo paese, che le hanno trasmesso i segreti di una tradizione millenaria. La dedizione di Gianfranca è stata riconosciuta anche al di fuori del contesto locale. Invitata al Salone del Gusto di Slow Food a Torino, ha presentato il filindeu in uno show cooking insieme agli studenti dell’istituto alberghiero, dimostrando che questa tradizione può ancora trovare spazio nel mondo contemporaneo.
«Vedere i giovani incuriositi da questa pasta mi dà speranza. È il segno che le nostre tradizioni non moriranno, ma continueranno a vivere in chi saprà apprezzarle e possono essere anche un’ottima opportunità di crescita personale e lavorativa, per questo collaboro con l’alberghiero con dei corsi gratuiti». Il suo impegno non si limita al filindeu: Gianfranca nasce come panificatrice da una lunga tradizione familiare e poi si appassiona alla creazione di dolci decorati, unendo abilità manuale e creatività per valorizzare altre tradizioni culinarie dell’isola.