La Nuova Sardegna

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La tradizione

L’arte del filindeu oltre i confini dell’isola

di Francesco Zizi
L’arte del filindeu oltre i confini dell’isola

Gianfranca Dettori ha mostrato come si creano “i fili di Dio” al Salone del gusto di Torino”

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Nel cuore di Sennori, Gianfranca Dettori tiene viva una delle tradizioni culinarie più antiche e affascinanti dell’isola: la preparazione del filindeu, la leggendaria “pasta dei fili di Dio”. Questa arte, tramandata di generazione in generazione, è oggi considerata una rarità, soprattutto per la sua complessità tecnica nella preparazione. Gianfranca Dettori, sennorese doc, è una delle poche persone al mondo che ancora preserva questa arte, trasformando un semplice impasto in un’opera d’arte unica.

«Non è solo una pasta, è un legame con le nostre radici, un pezzo della nostra anima che non possiamo perdere», racconta Gianfranca. La preparazione del filindeu inizia con un impasto semplice di semola di grano duro e acqua. Gianfranca lavora l’impasto manualmente per circa un’ora, idratandolo continuamente con una soluzione di acqua e sale fino a raggiungere una consistenza elastica e uniforme. Il processo richiede pazienza, sensibilità e la capacità di capire il momento esatto in cui l’impasto è pronto per essere trasformato. L’impasto viene poi tagliato in pezzi, che vengono arrotolati in cilindri e “tirati” con le mani. È qui che si manifesta la maestria della tradizione: i cilindri vengono piegati in due, poi in quattro e così via, fino a otto piegature, creando una trama di 256 fili sottilissimi. Ogni piega deve essere eseguita con precisione millimetrica, senza rompere i fili.

«Ogni filo deve avere quasi lo spessore di capello» dice Gianfranca. Una volta creati i fili, vengono stesi su un piano rotondo di circa mezzo metro di diametro, realizzato con foglie di asfodelo intrecciate, un materiale che permette un’asciugatura naturale. I fili vengono disposti in tre strati sovrapposti, con angoli di sessanta gradi tra uno strato e l’altro, formando una trama che ricorda una tessitura. Dopo l’essiccazione, il filindeu è pronto per essere utilizzato, ma la sua preparazione non si limita alla tecnica: «Ogni passaggio è un atto d’amore verso la terra e le sue tradizioni, io infatti utilizzo materie prime di assoluta qualità e per l’impasto prediligo semole macinate a pietra, anche se più grezzo in cottura rende molto di più» dice Gianfranca.

La pasta viene tradizionalmente immersa in un brodo di pecora e arricchita con pecorino fresco acidificato. Gianfranca ha appreso l’arte dell’impasto non solo grazie a una tradizione di famiglia ma anche grazie agli insegnamenti delle anziane del suo paese, che le hanno trasmesso i segreti di una tradizione millenaria. La dedizione di Gianfranca è stata riconosciuta anche al di fuori del contesto locale. Invitata al Salone del Gusto di Slow Food a Torino, ha presentato il filindeu in uno show cooking insieme agli studenti dell’istituto alberghiero, dimostrando che questa tradizione può ancora trovare spazio nel mondo contemporaneo.

«Vedere i giovani incuriositi da questa pasta mi dà speranza. È il segno che le nostre tradizioni non moriranno, ma continueranno a vivere in chi saprà apprezzarle e possono essere anche un’ottima opportunità di crescita personale e lavorativa, per questo collaboro con l’alberghiero con dei corsi gratuiti». Il suo impegno non si limita al filindeu: Gianfranca nasce come panificatrice da una lunga tradizione familiare e poi si appassiona alla creazione di dolci decorati, unendo abilità manuale e creatività per valorizzare altre tradizioni culinarie dell’isola.

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