Tonno rosso, la passione di Carloforte
Lo chef Luigi Pomata: «Ogni sua parte viene utilizzata, è simbolo di sostenibilità e cultura gastronomica»
Lo chiamano Tonno di corsa, perché fila via come un motoscafo. È uno dei pesci più veloci al mondo, il tonno rosso, e uno dei più prelibati. Un tempo le coste dell’isola pullulavano di tonnare, da un capo all’altro: da Carloforte a Stintino. Poi le rotte di questi pesci hanno cambiato direzione e insieme alla pesca effettuata da altre nazioni, ne ha fatto crollare il numero. Ora in Italia ci sono solo 5 tonnare: una in Sicilia e 4 in Sardegna, tutte nel sud-ovest: due a Portoscuso e due a Carloforte.
Luigi Pomata, chef inserito da anni nella guida Michelin, è un grande esperto del tonno. «A lui – dice lo chef carlofortino – l’isola di San Pietro deve tutto. Senza il tonno la nostra popolazione non avrebbe avuto la possibilità di sopravvivere. Per questo siamo legatissimi a questo pesce, tanto che esiste un profondo rispetto da parte delle popolazioni del Sulcis verso di lui». Il tonno pregiatissimo che segue la rotta che passa nelle corse sulcitane viene intercettato nelle tonnare nel periodo che va da fine maggio a inizio giugno. Una pesca che tende a preservare al massimo la qualità delle carni, evitando ormai quelle tradizionali con gli arpioni. Una svolta nella tecnica che vede complici i giapponesi, quelli che acquistano la gran parte del pescato.
«I giapponesi cercano la qualità ma anche il fatto che il pesce debba essere molto grasso – sottolinea ancora Pomata – tanto che ormai tendono a ingabbiare gli esemplari vivi e a farli ingrassare prima di portarseli nei mercati nipponici dove poi le carni vengono utilizzati quasi tutte per sushi e sashimi». Invece lo stesso Pomata e gli altri chef isolani cercano di utilizzare al massimo il tonno.
«A parte il fegato, che è velenoso – sottolinea – cerchiamo di usare tutto. Possiamo definirlo il maiale del mare. Io al massimo perdo l’8/10 per cento di un esemplare. Sfruttamento che nasce dai nostri antenati: nel periodo in cui non si pescava si doveva mangiare comunque, tanto che si utilizzavano anche le spine per le zuppe con le patate». «L’imprinting di mio nonno e mio padre Nìcolo – aggiunge – è stato fondamentale. Ho fatto il Nautico e poi la passione mi ha portato all’Alberghiero di Alghero. Ho voluto portare avanti la loro cultura a tavola e quella dei carlofortini».
Il menù del ristorante di Cagliari in viale Regina Margherita e quello del ristorante nel lungomare Battellieri a Carloforte, quello del papà Nicolo scomparso recentemente, dà l’idea della meravigliosa sostenibilità del tonno. «Lo lavoro come un manzo e poi insieme ai vari tagli della carne si fanno ricette con la testa, il palato, il midollo, le guance, la trippa, e il lattume che sarebbe lo sperma del tonno».
Ecco nel menu gli antipasti con i quattro tagli del tonno o la tartare, i primi come le linguine alla Nìcolo con la riserva di tonno all’olio d’oliva, i secondi come il filetto di tonno con scaloppa di foie gras. «Poi c’è anche un menù degustazione con il tonno con salsa tonnata, il Vengo anKio con il lattume e la trippa di tonno alla bourguignonne con crema di piselli». Nella carta anche le scatolette di ventresca e di tarantello.
«La famiglia Greco ha la proprietà delle tonnare da 400 anni, noi abbiamo avuto da loro la possibilità di scegliere e inscatolare. Abbiamo scatolette anche di 20 anni, e sono ottime. Perché nella sostenibilità del tonno c’è anche l’aspetto del prodotto in scatola da stoccare semplicemente senza bisogno di frigoriferi». Per celebrare il tonno ritornerà a Carloforte il Girotonno, giunto alla 21a edizione. Un evento che stavolta sarà in formato maxi perché si svolgerà nell’arco di una decina di giorni: prima “Aspettando il Girotonno” e poi il Girotonno, da fine maggio a inizio giugno. «Resta la gara gastronomica e gli show cooking e gli eventi collaterali – conclude Pomata – ma vogliamo coinvolgere di più la gente, gli anziani con le loro ricette più antiche e meno conosciute. Un evento che serva a tutta l’area costiera, non solo Carloforte, ma anche Sant’Antioco, Portoscuso e Calasetta».