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Il rettore Gavino Mariotti: «Non possiamo pensare di abbandonare gli studenti subito dopo la laurea»

di Roberto Sanna
Il rettore Gavino Mariotti: «Non possiamo pensare di abbandonare gli studenti subito dopo la laurea»

«Facciamo i conti con quella che chiamo doppia insularità: dobbiamo avere proposte allettanti nella didattica, nella ricerca, nell’assistenza al territorio»

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Arrivato a metà mandato il rettore dell’Università Gavino Mariotti più che un bilancio, tira una riga dritta sul lavoro fatto in questi tre anni: «L’ho detto poco tempo fa alla mia squadra riunita: abbiamo già portato a termine tutti gli obiettivi del programma che abbiamo presentato alle elezioni – dice –. Forse potremmo andare avanti con quello di un altro candidato... Ovviamente è una battuta, però resta il fatto che adesso è arrivato il momento di consolidare quello che abbiamo fatto». Se questi anni sono stati contraddistinti prima dal covid (compresa l’elezione, avvenuta per la prima, e probabilmente unica volta col voto telematico) e, successivamente, dalla corsa ai fondi messi a disposizione dal Pnrr, l’obiettivo generale dichiarato sin dal primo giorno di campagna elettorale è sempre stato uno solo: «Essere un soggetto attivo del territorio, un protagonista dello sviluppo – ribadisce il rettore –. E crediamo di esserci riusciti, su vari fronti. E tengo sempre a sottolineare che lo abbiamo fatto in una maniera moderna che ha dato una svolta rispetto al passato: presentando, cioè, progetti qualificati. Abbiamo ottenuto tanti finanziamenti, ma dietro c’era sempre qualcosa di mirato. Crediamo che sia ormai tramontata l’era nella quale si faceva a gara per ottenere semplicemente dei fondi da spendere».

In questo senso, Mariotti ha sempre ripetuto che l’Ateneo sassarese non si è mai presentato “a chiedere col cappello in mano” ed è un concetto che non si stanca mai di tenere vivo: «Anche il grosso sforzo che abbiamo fatto per il Pnrr non è stato concepito su interessi specifici – dice – ma tenendo conto delle esigenze del territorio. In questi anni abbiamo spaziato in tutti i campi: dalla telemedicina, sulla quale abbiamo investito qualcosa come 30 milioni, veterinaria, turismo, agricoltura». Uno sforzo importante, insomma, per uscire definitivamente dall’immagine di università intesa come luogo chiuso e statico, dove i professori insegnano, gli studenti preparano gli esami e si laureano e poi ci si saluta. 

L’obiettivo, adesso, è diventato anche (o forse soprattutto, quello di costruire dei percorsi formativi e lavorativi nei quali inserire gli studenti appena laureati: «Non possiamo pensare di abbandonare gli studenti subito dopo la laurea e, d’altra parte, se vogliamo diventare attrattivi dobbiamo offrire molto di più di un semplice corso di studi – aggiunge Gavino Mariotti –. Intendiamoci, la nostra offerta è sempre più dinamica, attenta alle esigenze del territorio e modulata su quelli che sono i tempi attuali. Però non può bastare, la concorrenza degli altri atenei è ogni anno più agguerrita e, soprattutto, facciamo i conti con quella che io chiamo la doppia insularità: siamo un’isola e per di più posizionata non certo vicino al nord dell’Italia o dell’Europa, facciamo capo al Meridione ed è uno svantaggio aggiuntivo. I collegamenti, inoltre, sono quelli che purtroppo tutti conosciamo: con questa situazione, richiamare ragazzi a Sassari, è inutile nasconderlo, sta diventando sempre più difficile. E proprio per questo motivo la nostra battaglia deve essere a tutto campo. Dobbiamo avere molte idee e proposte allettanti: nella didattica, nella ricerca, nell’assistenza al territorio».

Su quest’ultimo punto, il rettore cita solo alcuni degli interventi che hanno visto l’Ateneo in prima fila su questioni che coinvolgono l’intera regione: «Per esempio, la legge sulla continuità territoriale che ha visto i nostri docenti impegnati direttamente. Ancora, il problema dell’invasione delle cavallette nel centro Sardegna. Quello degli ulivi a Paulilatino e anche il contributo sulla ricostruzione ambientale dopo gli incendi nel Montiferru. Situazioni nelle quali dimostriamo di saper andare oltre al semplice apporto della didattica, ma sappiamo anche contribuire nei campi della ricerca e dell’assistenza al territorio».

A tutto campo Quello dell’Università è uno sguardo che spazia a 360 gradi: «Siamo molto presenti anche nell’area umanistica, seguiamo molto la formazione dei docenti e tutti si sentono più vivi se sono coinvolti in un lavoro dedicato ai temi del territorio. Ho già detto dei progetti che riguardano l’occupazione futura dei nostri studenti: in sintesi, significa che la nostra missione diventa anche quella di formare la futura classe dirigente. E lo facciamo preparando i programmi posta lauream in base a quelle che sono le esigenze del territorio, sappiamo che bisogna inserire materie nuove e potenziare l’offerta formativa». Un potenziamento che sta per mettere il turbo, con la creazione di due dipartimenti nuovi di zecca. Uno dei quali direttamente a Olbia e sul quale Mariotti smorza sul nascere le prime polemiche che già stanno nascendo: «Il dipartimento è dell’Università di Sassari e avrà sede a Olbia – dice –, non è un qualcosa che appartiene a quella città. Significa che, in qualsiasi momento, lo posso riprendere e portare a Sassari: non stiamo cedendo un pezzo di questo Ateneo, giusto per essere chiari». Il dipartimento di Olbia sarà dedicato all’innovazione per lo sviluppo territoriale e intende costruire professionalità «che potranno trovare occupazione nelle realtà attive nella produzione e nello scambio di beni e servizi, oltre che nel terzo settore». Quello che nascerà a Sassari si occuperà invece di Informatica e ICT e viene visto come una naturale conseguenza dopo l’istituzione dei corsi di Ingegneria informatica (avvenuto nel 2018) e Ingegneria Industriale (nuovo di zecca, istitutio per l’anno accademico 2022/23). Corsi che hanno riscosso un grande successo, circa quattrocento studenti iscritti con un corpo docente che supera le venti unità e fa, per adesso, riferimento al dipartimento di Scienze biomediche. Sarà un dipartimento che avrà anche una conseguenza diretta importante, ovvero la creazione di un polo tecnologico e di ricerca «che sarà aperto al territorio e potrà fungere da traino per le imprese locali e anche da supporto alle loro attività».

Cantieri per la città La sede centrale dell’Università è in una posizione strategica del centro, ma gli investimenti dedicati agli immobili sono stati anche su altri immobili storici della città. E su questo punto il rettore vuole anche fare una precisazione: «Siamo stati gli unici, probabilmente, a investire nella ristrutturazione degli immobili e fare qualcosa di concreto, in questo senso, per la città». La parte di piazza Università è sicuramente la più prestigiosa: «I cantieri sono in via di consegna, a Porta Nuova siamo molto avanti e, nell’ala opposta, procede bene anche tutta la parte che fa riferimento alla vecchia torre. Poi ci sono anche gli antichi Bagni popolari di via Arborea. Per la consegna, crediamo che in un tempo che va dai sei ai dodici mesi dovremmo farcela». Le intenzioni sono quelle di convogliare poi in questa parte storica i servizi amministrativi e il relativo personale e proprio per questo Mariotti non ha mai deposto una sua vecchia idea: «Fare un “lifting” a piazza Università, liberarla dalle auto che la intasano per pochi parcheggi che possiamo recuperare da altre parti e farla diventare un’isola pedonale. Diventerebbe un gioiellino e credo che anche le vie vicine avrebbero un grande giovamento». I tentativi di interlocuzione col Comune in questo senso, però, non sono mai andati avanti anche se non è detto che, prima che la giunta Campus concluda il suo mandato (il prossimo aprile) non possa esserci un’apertura. Tra i lavori in corso in immobili di prestigio, non va dimenticato nemmeno il recupero dell’ex Istituto dei ciechi in via Diaz: una volta completato, quello stabile verrà trasformato nella sede di un unico polo bibliotecario. Interventi per i quali l’Ateneo ha profuso budget importanti: 4 milioni e mezzo per la struttura di largo Porta Nuova, quasi 12 milioni per la sede centrale e i palazzi ex Estanco e Zirulia e 6 milioni e mezzo per gli ex Bagni Popolari. In più, 81 milioni complessivi per gli interventi (alcuni conclusi, altri in corso, altri ancora in programmazione) sulle sedi dei dipartimenti per la riorganizzazione degli spazi e le infrastrutture.

Il Polo penitenziario Tra i progetti portati avanti in questi anni c’è anche quello del Pup, il Polo universitario penitenziario che a Sassari è diventato eccellenza: a partire dal 2014, anno dell’istituzione. Gli studenti sono passati da una media di 30 nel triennio 2015-18 a una media di 60 nell’ultimo triennio 2020-23; a loro fianco ci sono 16 docenti, più 20 unità del personale tecnico, amministrativo e bibliotecario. Una curiosità è la distribuzione degli studenti, costante nel tempo negli istituti penitenziari convenzionati: la casa di reclusione di Tempio ha da sempre la maggioranza relativa degli studenti del Pup, seguita da quella di Alghero e dalle case circondariali di Sassari e Nuoro. Dal 2019 al 2023 si sono laureati 20 studenti, in 9 corsi di laurea differenti.

Consolidamento Se il rettore può dirsi soddisfatto degli obiettivi raggiunti, molto resta ancora da fare: «Il nostro obiettivo è lavorare sulla stabilizzazione delle cose ottenute – spiega –. Noi cerchiamo di fare il nostro meglio per il territorio, ma deve essere un flusso circolare: la qualità dei nostri servizi cresce se cresce il territorio. Certamente il trend non è dei migliori su alcuni versanti: per esempio i dati sull’occupazione dei laureati forniti dal Censis non sono certamente incoraggianti. E a questo noi dobbiamo rispondere aprendo nuove frontiere attraverso la nostra offerta formativa, puntando sulle discipline che più hanno mercato in questo momento: diritto bancario ed economia bancaria, per esempio. Noi ascoltiamo chi investe nel territorio e ci apriamo di conseguenza».

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