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Olbia, i mitilicoltori si difendono: «Non siamo noi gli inquinatori del golfo»

di Dario Budroni
Olbia, i mitilicoltori si difendono: «Non siamo noi gli inquinatori del golfo»

La risposta a Plastic Free: «Le retine finiscono in mare a causa dei furti»

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Olbia Le retine di plastica che invadono spiagge e fondali sono un problema. Ma i mitilicoltori non ci stanno a passare per i grandi inquinatori del golfo. «Non le buttiamo mica in mare di spontanea volontà» chiarisce subito Raffaele Bigi, presidente del Consorzio che raggruppa i molluschicoltori olbiesi. Colpa dei furti notturni che avvengono negli allevamenti di cozze e anche delle mareggiate. Bigi risponde così alle critiche arrivate dai volontari di Plastic Free, che nei giorni scorsi, durante una giornata ambientale a Cala Saccaia, avevano raccolto non poche retine utilizzate lungo i filari delle cozze, oltre a diverse boe impiegate negli stessi allevamenti. Il problema, però, esiste e così il mondo della mitilicoltura si sta muovendo per trovare una soluzione. Le alternative sono due: l’utilizzo di retine riciclabili oppure biodegradabili. Proprio venerdì 11 aprile, nella sede dell’Amp di Tavolara, si è tenuto un seminario promosso da Legambiente insieme all’Associazione mediterranea acquacoltori, nell’ambito di un progetto nazionale. Obiettivo: puntare sempre più su una acquacoltura di tipo sostenibile.

La risposta. Raffaele Bigi difende il comparto e la condotta dei mitilicoltori. «Innanzitutto non utilizziamo plastiche che producono microplastiche, come è stato detto – dice Bigi –. Capita, comunque, che le retine vengano rilasciate, ma non per nostra responsabilità. Le retine noi le raccogliamo a terra e le inviamo in discarica: stiamo parlando del 99,9 per cento del totale. Quelle che si trovano in mare, invece, sono purtroppo frutto dei furti che subiamo. Non riusciamo a garantire una sorveglianza 24 ore su 24. Chi ruba il prodotto, stacca i nostri pergolati, li sgrana e butta la retina. Una operazione che avviene nella costa buia, come per esempio Cala Saccaia. Capita anche che si stacchino le boe: quando riusciamo a individuarle, noi le recuperiamo. Sono anche costose. Noi teniamo al nostro mare e più volte abbiamo organizzato giornate di raccolta dei rifiuti. Detto questo, da anni ci stiamo muovendo per trovare una soluzione al problema delle retine».

Le soluzioni.  Nella sede dell’Amp è stato presentato il progetto Life Muscles, che mette insieme una lunga serie di enti e associazioni nazionali. Un progetto che parte da un dato: l’allevamento delle cozze comporta un impatto ambientale pressoché nullo, anche se rovinato dal problema delle retine di plastica che, a prescindere dal rilascio in mare, devono essere smaltite in discarica come rifiuti speciali non pericolosi. È intervenuto Eraldo Rambaldi, direttore di Ama: «È l’ottavo incontro a livello regionale. Un percorso avviato per illustrare i risultati del nostro progetto, che ha una applicabilità interessante. Le retine, attualmente, sono monouso: invece di finire in discarica, potrebbero essere consegnate ai retifici per un riciclo dalle capacità del tutto simili. Stiamo lavorando anche a un compostabile in grado di risolvere l’unico problema che ha la mitilicoltura». Presente anche Loris Pietrelli, chimico che collabora con Legambiente. È stato lui a mettere a punto il progetto di riciclo. «Ogni anno – spiega – le aziende spendono migliaia di euro per il conferimento in discarica delle retine, mentre, attraverso un speciale processo, potrebbero essere recuperate».

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