Fanghi dalla Puglia a Magomadas, una multa può chiudere il caso
Il rappresentante legale della Geco ha proposto un’oblazione. Pagando 13.103 euro il reato si estinguerebbe. La giudice deciderà il 13 novembre
Magomadas Un’oblazione da 13.103 euro per chiudere il caso fanghi. Il rappresentante legale della Geco, Leonardo Galleri, è pronto a mettere fine alla questione giudiziaria con il pagamento di una multa che chiuderebbe così il procedimento penale garantendogli l’estinzione del reato e la sospensione condizionale della pena. La richiesta ha sbattuto contro il muro di no di cittadini e associazioni ambientaliste, costituiti parte civile. Non sono però loro ad avere l’ultima parola che sarà invece quella della giudice Paola Bussu, che ieri ha condotto l’udienza predibattimentale e che ora dovrà valutare se ammettere la richiesta della difesa oppure rinviare a giudizio e quindi al dibattimento l’unico imputato per la vicenda che da alcuni anni sta agitando gli animi di un’ampia porzione di Planargia.
La battaglia contro i fanghi era iniziata nel 2019, contestualmente all’arrivo dei primi camion col materiale proveniente dalla Puglia che la Geco aveva iniziato ad accumulare e trattare nell’impianto di Magomadas, dove svolgeva e tutt’ora svolge anche altre attività. La presenza esagerata di insetti, i miasmi e il fetore avevano allarmato i cittadini che avevano immediatamente ricondotto quel fenomeno all’arrivo dei cosiddetti fanghi da oltre Tirreno. Da quel momento in poi era stata un’escalation di proteste, di consigli comunali alquanto agitati e di esposti, culminati, nell’estate 2020, con il sequestro deciso dalla magistratura di quella parte dell’impianto che era deputata ad accogliere e a trattare i fanghi poi da sversare in terreni privati a mo’ di concime.
Il successivo incidente probatorio, in cui era stato reso noto l’esito della perizia tecnica, aveva portato a stabilire l’esatta composizione di quel materiale: si trattava di rifiuti, per i quali servivano autorizzazioni speciali affinché il trattamento fosse ritenuto regolare. L’assenza di quelle autorizzazioni aveva portato il pubblico ministero Marco De Crescenzo a chiedere il processo per Leonardo Galleri. L’udienza predibattimentale di ieri si è però aperta con la novità della richiesta di oblazione formulata dall’avvocato Danilo Mattana, che tutela Leonardo Galleri. Questa ipotesi chiuderebbe il caso con una doppia ammenda: 13mila euro verrebbero pagati per lo sversamento non autorizzato di rifiuti e 103 per l’altro capo d’imputazione che include tra i reati quello dell’emissione di gas. L’oblazione è una possibilità che viene concessa agli imputati qualora la contestazione sia di lieve entità e tale la ritiene la difesa.
La giudice Paola Bussu prenderà una decisione e la comunicherà all’udienza del 13 novembre. Intanto però le varie parti civili, che si sono costituite ieri, hanno espresso la loro contrarietà a un’ipotesi del genere. A differenza della difesa, ritengono che il reato contestato non sia affatto di lieve entità, dal momento che nei terreni che, per dimensione avrebbero potuto accogliere un massimo di 40 tonnellate di fanghi, ne furono sversate ben 7mila. Hanno così espresso opposizione il Comune di Magomadas, assistito dall’avvocato Stefano Porcu, e le amministrazioni di Flussio, Tinnura e Tresnuraghes assistite dall’avvocato Giulio Fais. Non sono i soli perché tra le parti civili vanno annoverati alcuni privati cittadini e il Comitato Ambiente Planargia, assistiti dall’avvocata Laura Onida, e ancora le associazioni ambientaliste o che tutelano i consumatori ovvero Italia Nostra e Adiconsum, assistite dagli avvocati Alessandro Gamberini e Giulia D’Aquila,e il Gruppo di intervento giuridico i cui diritti sono tutelati dall’avvocata Susanna Deiana. Le parti hanno ora dieci giorni per presentare ulteriori memorie con le quali rappresentare le proprie tesi. Poi, non resta che attendere la decisione della giudice.
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