La Nuova Sardegna

Flavio Briatore: «Il turismo è la vera industria sarda, stop ai vincoli sulle coste»

di Enrico Gaviano
Flavio Briatore: «Il turismo è la vera industria sarda, stop ai vincoli sulle coste»

Il patron del Billionaire: il rilancio parta dalla Costa Smeralda, porta dell’isola. La ricetta: 2mila posti in più e via libera alle costruzioni nella fascia dei 300 metri - L'INTERVISTA COMPLETA

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INVIATO A PORTO CERVO. Ha festeggiato col botto il ventennale del suo Billionaire. Una stagione fantastica, durata come consueto due mesi e chiusa con un fatturato che si dice sfiori i sei milioni di euro. Lui, Flavio Briatore, è diventato in questi due decenni uno dei simboli della Costa Smeralda, del lusso talvolta eccessivo, ma che ha comunque un ritorno di immagine difficile da misurare per questo angolo dell’isola. La Costa Smeralda nel mondo è più conosciuta della Sardegna. E lui, secondo un’indagine dell’Eurispes per conoscere la percezione che hanno gli italiani dell’isola, viene definito da tanti intervistati un imprenditore sardo.

«Beh, mi fa piacere – dice con un sorriso –. Sardo non lo sono, ma amo moltissimo la Sardegna e ho un profondo rispetto dei sardi. Molti collaborano con me e non solo qua in Sardegna, e sono bravissimi. Per non parlare poi del rapporto che ho con i pastori di Bitti, gente splendida, a cui sono legatissimo».

Sempre dall’indagine Eurispes gli italiani pensano alla Sardegna come una meta bella, costosa e irraggiungibile.
«È appunto una percezione che si ha della Sardegna. In realtà le cose non sono proprio così. Fermo restando che l’isola è bellissima, da nord a sud, con tanti posti incantevoli sia sulla costa che all’interno, non è vero che è costosa. Non lo è e vi dico che ora Ibiza lo è di più e che anche Mykonos, tanto decantata, sta facendo lievitare i prezzi in maniera esagerata. La differenza la fa quello che offre la natura: in Sardegna centomila volte di più di qualsiasi altro posto. Un potenziale enorme, dunque, che però va sfruttato molto meglio».

Come si può fare?
«Il punto di partenza è la Costa Smeralda che io giudico come la porta dell’isola oltre che un biglietto da visita straordinario. Serve un piano di 15-20 anni per migliorare la situazione attuale: alberghi, grossi centri congressi, campi da golf, eventi. Guardi, direi che servono almeno altri 2000 posti letto negli hotel. I qatarini hanno dimostrato che sono disponibili a investire. Ma bisogna togliere qualche laccio che impedisce lo sviluppo. Io credo che la Sardegna abbia nella sua natura il bene più prezioso ma la limitazione delle costruzioni a 300 metri dal mare va eliminata, con i dovuti contrappesi e obblighi. Questa cosa esiste solo qua e in Toscana»

Lei per diversi anni ha detto che voleva andar via, perché la Sardegna non le piaceva più. Ora ha cambiato idea.
«Per lungo tempo si è faticato parecchio qui. Alcune leggi davvero sembravano fatte a proposito per far scappare la gente, come la tassa sul lusso. Sono stati momenti difficili. Pensi che ora le grandi barche si trattengono nuovamente tanti giorni. E se uno di questi yacht sta una settimana, crea un indotto inimmaginabile, molto più delle ville sontuose in affitto. La gente ricca è disposta a spendere, e tanto, ma come tutti non vuole esser presa in giro».

A proposito, lei ha scritto un libro intitolato “Sulla ricchezza”: come sta andando?
«Direi bene, abbiamo venduto un bel numero di copie, è già un best seller. Sono soddisfatto».

Il sottotitolo è: se l’Italia non vuole il benessere, è perfetta così. Cosa voleva dire?
«Si tratta di una critica rivolta alla politica. Non viene sfruttata quella che è la principale risorsa del paese: il turismo. I numeri sono chiari: noi abbiamo un patrimonio sia naturale che storico archeologico e culturale nettamente superiore a qualsiasi altro paese. Eppure vanno più turisti in Francia, in Inghilterra, persino in Germania. Se lo immagina? Lei ha mai sentito qualche amico dire: ah, quest’anno vado in vacanza in Germania. No, e neanche io. Eppure quelli fanno il pieno più di noi».

La politica. Quando si è formato il nuovo governo lei ha detto: lasciamoli lavorare, vediamo cosa fanno.
«Certo. E dopo questi primi mesi dico che qualcosa di buono è successo. In particolare direi da Salvini. Sul tema dei migranti ha fatto più lui in poco tempo che i diversi governi, di varie colorazioni politiche, che si sono succeduti in questi anni».

Magari con metodi diciamo così un po’ muscolari.
«Credo che l’Europa deve capire che il problema va risolto insieme con il supporto di tutti, altrimenti non si va da nessuna parte».

Tornando al suo libro, lei sottolinea l’importanza delle grandi opere che connettono e servono allo sviluppo del paese. Questo governo qualche frizione sul tema ce l’ha.
«Si è vero. Ma è come quando uno deve guidare una bella macchina con un sacco di optional e non c’è mai salito prima. Insomma ha bisogno di un po’ di tempo per capire».

Ma sul turismo, il suo pallino, invece che dice?
«In questo caso qualche riserva ce l’ho. Avere messo insieme il ministero dell’agricoltura con quello del turismo, non mi sembra una mossa azzeccata. Lavoro duro per il leghista Centinaio, ma il turismo ha bisogno di una attenzione particolare. Ripeto, è la nostra prima industria, il nostro petrolio, e va sviluppata concretamente».

Le piace molto parlare di politica: quindi da Berlusconi che visita periodicamente alla Certosa, si discuterà sopratutto di quello, oppure no?
«Con Berlusconi parliamo di tutto tranne che di politica. Lui è uno illuminato, io da Silvio ho solo da imparare. Sono giornate divertenti, che mi arricchiscono. La politica resta fuori dalla porta. Se può incidere ancora in Italia? Sì, penso di sì, anche se io al posto suo sarei stufo di sentirmi tirare la giacchetta da tutte le parti».

Parliamo di Billionaire. Vent’anni fa si aspettava che sarebbe andato così bene e che il marchio sarebbe diventato così conosciuto?
«Beh, proprio no. Ma intanto l’idea bisogna averla. Io ho aperto insieme all’amico Giancarlo Alessandrelli. Perché in Costa non c’era un club come avrei voluto e così me lo sono fatto da me. Diciamo che è andata benissimo. Ora abbiamo una società che gestisce altri locali di altissimo livello, a Dubai, a Montecarlo, in Kenya, a Londra, a Marina di Pietrasanta. Un bel business che arriva a 150milioni di fatturato annui».

Il Billionaire resta un posto da ricconi, però.
«Non è proprio così. Oddio c’è l’americano che ha speso 150mila euro in due sere, o i sauditi che amano davvero stare nel mio club. Ma tutti possono venire. Abbiamo anche aperto il Crazy pizza, con 25-30 euro si poteva cenare e poi andare a ballare. La selezione all’ingresso? Ovvio. Con Fedez alla consolle abbiamo dovuto mandar via almeno 1000 persone».

Quest’estate tantissimi vip, segnale importante. Michael Douglas, Gina Lollobrigida, Michael Jordan, Ricky Martin, giusto per fare alcuni nomi.
«Sì, questo però secondo me è solo l’inizio. Sono fiducioso, ripeto. Penso che con la collaborazione di tutti gli operatori del settore si possa fare molto di più. Quest’anno l’evento Unicef a villa Violina è stato fondamentale. Sono arrivate persone influenti da tutto il mondo. Molti hanno scoperto o riscoperto la Sardegna. Ecco i grandissimi eventi vanno ripetuti, possono davvero permettere una crescita enorme del settore».

Ma i personaggi non bastano.
«Ci vuole altro chiaro. Ma siamo sulla strada giusta. Anche sui collegamenti mi sembra che il livello sia alto. Perché l’aeroporto dei voli privati è un gioiellino e anche quello civile è tenuto bene e funziona. La compagnia Air Italy garantisce un servizio ottimo. Insomma la Sardegna e la Costa Smeralda torneranno in auge, parola di Briatore».

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