Roberta di Porto Torres, la pirata buona che salva il mare e le balene
E' la comandante del Conrad, il catamarano della Onlus Sea Shepherd. La missione: «Combattere la pesca illegale e liberare il Mediterraneo dalla plastica»
PORTO TORRES. «Una lupa di mare? No, sono una marinaia, anzi una navigante e credo di avere scoperto un modo nuovo di vivere il mare. È quello che ti offre un motivo per organizzarti e uscire a bordo di una barca per osservarlo, studiarlo e proteggerlo, scandagliare ogni angolo, scrutare le piccole luci, individuare i pericoli e fare in modo che le specie che vivono in acqua vengano difese».
Roberta Pietrasanta, 45 anni, da 8 mesi va a caccia di chi fa del male all’ambiente naturale causando la morte di tartarughe, capodogli e balene. In mare ci va da quando aveva zero mesi, ce la portava il padre, grande amante di quell’universo fatto di acqua, sole e speranze. Lei ha studiato allo Scientifico di Porto Torres (non al Nautico come sarebbe stato più ovvio per chi vive di fronte al mare e lo guarda ogni minuto), poi si è laureata in Sociologia, ha fatto la giornalista e l’ultimo servizio l’ha realizzato alla sua maniera - andando a raccontare i posti e la gente - dopo il terremoto dell’Aquila: «Ero anche salita a bordo dell’elicottero per vedere quel disastro dall’alto».
E poi la skipper, portava i turisti su una barca a vela ad ammirare le bellezze del Parco nazionale dell’Asinara. Oggi è comandante del “Conrad” (per un incrocio del destino «ha il nome del mio scrittore preferito»), la nuova imbarcazione della Onlus Sea Shepherd: varata all’inizio di agosto dello scorso anno è un catamarano di 17 metri, largo sette, capace di ospitare a bordo fino a 11 persone di equipaggio, tutti volontari. Alla guida di “Conrad”, Roberta Pietrasanta, da aprile a ottobre, combatte le attività di pesca illegali e svolge una missione fondamentale: liberare il Mediterraneo da quella distesa di plastica che lo soffoca.
Nella missione, uno spazio importante è dedicato a disinnescare le spadare (conosciute come i muri della morte) e soprattutto la lotta ai Fad (dall’inglese Fishing aggregative devices): sono strumenti di pesca illegali, formati da un filo di plastica ancorato in fondo al mare che tiene a galla in superficie delle foglie che formano una zona d’ombra dove si radunano i pesci. I pescatori con le reti a circuizione catturano tutto quello che trovano. Una strage che non risparmia niente. E quel filo di propilene (che dovrebbe essere biodegradabile) è causa di morte per le tartarughe che restano imprigionate e muoiono soffocate o per le ferite riportate. Le spadare a loro volta intrappolano in maniera inesorabile non solo tartarughe ma anche delfini, capodogli, balenottere e squali: sono reti calate o abbandonate in mare che continuano a catturare e a uccidere.
«È un mondo che in fondo ho sempre cercato, un angolo tutto mio che mi fa sentire dalla parte della legalità. No, non come una sceriffa del mare. Una cosa meno terrestre: diciamo che mi sento più come mi vedono i ragazzi e le ragazze delle scuole quando andiamo a parlare con loro. Mi immaginano come un pirata buono, che aiuta i pesci, li salva da morte sicura. Protegge il mare dagli assalti fuori controllo di chi pratica la pesca in modo fuorilegge. Abbiamo recuperato più di 200 Fad, 150mila metri di filo di propilene, ma anche migliaia di palloncini di plastica, quelli usati per le feste di compleanno e celebrazioni varie. Quando non servono più stranamente finiscono in mare, nelle pance delle tartarughe e dei delfini, delle balene. La gente non immagina i danni che producono».
Roberta Pietrasanta è comandante del “Conrad” da febbraio del 2021, ora da due settimane è a casa, la barca in cantiere. «È bello il ritorno a terra, i primi due giorni li ho passati sul divano. Il mare è tanta roba, ma la terra ci vuole». A quel timone “impegnativo” c’è arrivata con tutta la sua determinazione, la voglia di fare qualcosa di diverso. «Ho preso tutte le patenti dopo essermi stancata di lavorare sempre sotto qualcuno: va bene finchè trovi gente in gamba, ma capita che non sempre sia così. E allora capisci che è giunto il momento di andare oltre». Il via lo ha dato l’incontro con una ragazza di Alghero, anche lei stregata dal mare. «Mi aveva ceduto il suo imbarco a bordo di uno yacht perchè lei non poteva. L’avevo conosciuta all’Asinara. E così ho cominciato a girare, ho percorso migliaia di miglia, visitato un bel pezzo di mondo. Ma non mi bastava. Il mio pensiero era quello di riuscire a navigare in maniera differente, collegandomi alla ricerca scientifica e al sociale. Così ho cominciato a mandare richieste in giro, alle Ong per partire come volontaria. Ho avuto una applicazione con Shepherd: stavo per partire per il Messico per il Santuario della Vaquita dove tra l’altro gruppi di pescatori illegali a bordo di pescherecci hanno attaccato con violenza le navi di Sea Shepherd lanciando anche molotov, speronando le imbarcazioni e inviando minacce di morte. Poi ho ricevuto la chiamata: mi hanno proposto di lavorare con loro, di diventare comandante del “Conrad”. E così, in un attimo, si è realizzato il sogno».
Ogni mattina si esce, nel mare delle Isole Eolie. Si parte presto, quando è ancora buio e si torna la sera. Si cerca una luce, il rumore dei motori. Si filma e documenta, anche con l’utilizzo di strumentazioni sofisticate come le telecamere termiche che consentono di filmare al buio e individuare anche chi si nasconde.
«Appostamenti e inseguimenti, una collaborazione con la Guardia costera e la sezione aeronavale della Guardia di finanza – racconta Roberta – loro intervengono subito, appena ricevuta la nostra segnalazione. Andiamo a caccia di chi non rispetta il mare, il Mediterraneo da salvare. Tanti pescatori hanno cominciato a collaborare con noi, hanno capito l’importanza della missione. Ma per troppi conta solo il profitto. E la distruzione».