L’eredità morale di Ovidio Marras: «No ai soldi, sì alla mia natura»
Si è spento a 93 anni, si oppose al cemento a Capo Malfatano diventando un idolo degli ambientalisti
Cagliari Disse no al denaro, tanto denaro. Disse no alla vendita a peso d’oro del terreno in cui aveva trascorso tutta la vita. Diventò un simbolo, idolo degli ambientalisti e di coloro che non si inchinano ai signori del “dio mattone”. Ovidio Marras, il pastore contadino di 93 anni che vinse la causa contro la Sitas e impedì la costruzione di un mega resort a Capo Malfatano si è spento ieri all’età di 93 anni. Da quanto si è appreso, negli ultimi giorni aveva accusato un attacco di influenza ed era molto debilitato. La storia dell’anziano era balzata agli onori della cronaca oltre un decennio fa, quando un gruppo di grandi nomi dell’alta finanza sotto le insegne della Sitas gli aveva presentato un’offerta particolarmente sostanziosa per la vendita dei terreni di famiglia. Cifre a molti zeri. Ovidio Marras aveva detto no, fermando il cemento a cinque stelle e la costruzione del resort destinato a specchiarsi in uno degli scenari marini più incantevoli della Sardegna.
La sua storia aveva fatto il giro del mondo ed era finita anche sulle pagine del New York Times: il vecchio pastore che non si era voluto piegare alla modernità. Ne era nata una causa e Ovidio Marras aveva trionfato su tutta la linea. Nel 2018, il “Gigante” era crollato, la Sitas, la società di cui avevano fatto parte il gruppo Benetton e il gruppo Toti - azionisti di Autostrade - la Sansedoni e Montepaschi, che voleva realizzare un immenso villaggio turistico sulla costa di Teulada, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Cagliari.
La sentenza era stata firmata nell’agosto del 2018. A chiedere il fallimento erano state alcune imprese della zona di Teulada, coinvolte nella costruzione del resort a 312 metri dalla battigia di Malfatano-Tuerredda, destinato alla gestione del gruppo Marcegaglia e abbandonato dopo lo stop ai lavori seguito alle vittorie giudiziarie del vecchio Ovidio e di Italia Nostra. Era stato il primo ricorso urgente al tribunale presentato nel 2010 da Ovidio Marras, dopo che i bulldozer gli avevano deviato la stradina d’accesso al suo “furriadroxiu”, a scatenare l’azione giudiziaria contro Sitas e a provocare indirettamente, a distanza di otto anni, il fallimento della Sitas. Fisico secco e nervoso di chi per tutta la vita si è chinato quotidianamente sui campi per lavorare dall'alba al tramonto, dal suo furriadroxiu Ovidio non sarebbe mai voluto andare via e alla fine ci è riuscito.
Allevava pecore e vacche, coltivava un orto e viveva in una condizione di libertà che – evidentemente – neppure le offerte milionarie di gruppi imprenditoriali allora solidissimi avrebbero mai potuto garantirgli. Una vita trascorsa tra i suoi muretti a secco, le sue pecore polverose e i suoi pomodori rosso fiamma. Tantissimi i messaggi di cordoglio comparsi ieri sulle pagine social delle associazioni ambientaliste e dei semplici amanti della Sardegna. Ora che Ovidio non c’è più la palla passa ai suoi eredi. Ma quella vecchia partita finita in tribunale con una secca vittoria, potrebbe essere comunque chiusa per sempre.