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Nei supermercati è boom di prodotti proteici: «Ma sono cari e spesso inutili»

di Luigi Soriga
Nei supermercati è boom di prodotti proteici: «Ma sono cari e spesso inutili»

Marta Mela (nutrizionista): «Leggete sempre le etichette, troverete belle sorprese». Le controindicazioni: «Pieni di edulcoranti e addensanti, sono un mix chimico»

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Sassari Negli scaffali dei supermercati o nei banchi frigo è quasi impossibile non notarli. Il claim High Protein, o la scritta in grande Hp, sparata dentro una confezione nera, funziona come una calamita ottica. L’attenzione viene risucchiata, nel cervello si innesca il pilota auomatico e parte l’associazione più istintiva e banale del consumatore medio. E cioè: più proteine=più muscoli=meno grassi= più benessere. Così la confezione finisce dritta dentro il carrello.

Potere del marketing e delle sue leve psicologiche. Si scelgono prodotti che alla fine, per qualche proteina in più, costano più del doppio del corrispondente non addizionato, e dei quali si potrebbe tranquillamente fare a meno. Guadagnandone in salute, e salvaguardando anche il portafogli. Ne sa qualcosa Marta Mela, sassarese, nutrizionista, dietologa, che spesso, oltre a togliere i chili di troppo dai suoi pazienti, deve anche levare le troppe convinzioni sbagliate. «Prima le case produttrici ci hanno bombardato con le campagne low sugar – dice – poi si è passati al low fat. Ma dopo qualche anno il marketing non era più così efficace da giustificare incrementi di prezzo del 30 o del 40 per cento. Ecco allora la trovata della demonizzazione dei carboidrati e dell’esaltazione del super proteico. C’è stato un tale martellamento, che quando vediamo nel package la scritta High Pro, parte l’effetto wow».

Così ecco che gli yogurt si convertono in dessert proteici, le barrette contengono 20 grammi di proteine, e così via con i pankake, con i muffin, i cereali, i cracker, le mozzarelle, il latte di soia, i formaggini, la pasta, le mousse, il gelato, e perfino l’acqua proteica.

«Per capire quanto siano inutilmente costosi questi alimenti e quanto non facciano bene alla nostra salute – dice Marta Mela – c’è un metodo infallibile: leggere le etichette con i valori nutrizionali. In genere più sono lunghe, e più c’è qualcosa che non va. Provate a fare un raffronto tra un semplice yogurt, o magari uno yogurt greco, contro una crema alla vaniglia proteica. Nello yogurt l’etichetta reciterà in poche righe: latte scremato, fermenti lattici vivi (Streptococcus Thermophilus e Lactobacillus bulgaricus). Stop. Nella confezione dell’High Pro troverete un papiro con decine di ingredienti, tra i quali addensanti, edulcoranti, stabilizzanti. Insomma, alla fine stiamo mangiando un enorme miscuglio chimico, nel quale ci sono sì le proteine, ma c’è anche tutto il contorno».

Bisognerebbe anche prestare attenzione alle quantità: «Le confezioni HP in genere sono da 200 grammi. Quindi quei 20 grammi proteici indicati nel claim, si riferiscono a una dose doppia rispetto al classico yogurt. Se confrontiamo invece le percentuali su 100 grammi, ci renderemo conto che l’apporto proteico non è così diverso. Ciò che invece cambia sono i carboidrati, gli zuccheri, gli addensanti, gli aromi e soprattutto, il prezzo». L’aspetto singolare è che in Italia tutto manca, nella nostra alimentazione, tranne che l’apporto delle proteine.

«La dieta Mediterranea – dice Marta Mela – soddisfa pienamente il nostro fabbisogno. Anzi, mediamente ciascuno di noi ogni giorno lo supera. Perciò non abbiamo bisogno delle ulteriori integrazioni dei prodotti High Pro. Anche perché le proteine in eccesso non vanno, come molti credono, nei muscoli, ma si trasformano in grassi». In ogni modo non bisogna nemmeno estremizzare, e bandire questa fascia merceologica: «È sempre la dose che fa il veleno. Se ogni tanto ci si vuol togliere lo sfizio di mangiare un dessert proteico, una barretta dal potere saziante, o una mousse, ben venga. L’importante è che non diventi un’abitudine. E soprattutto che questi prodotti chimici non sostituiscano il nostro pasto più tradizionale».

 

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