Mario Nonne: «Senza acqua nella Nurra sarà la fine per duemila aziende»
La disperazione di uno degli agricoltori che gestisce attività agricole, zootecniche, vigne
Sassari Ristoro economico immediato, per le aziende che hanno investito e che rischiano di saltare per aria, e per le famiglie che dalla campagna vivono, e che rischiano di non avere di che campare. Proroga di almeno un anno per l’impianto delle colture con le quote regionali, che senz’acqua rischiano di andare in malora in pochi mesi. Ritorno della gestione dei tre bacini di Bidighinzu, Temo e Cuga, passati all’Enas nel 2008, al consorzio di Bonifica della Nurra. Perché solo chi lavora e vive la terra sa quali sono le vere soluzioni, non certo una burocrazia regionale lenta e distante.
Non trattiene la rabbia Mario Nonne, unico antidoto possibile per non farsi travolgere dalla disperazione per una campagna irrigua che nella Nurra non è ancora partita. Con i piovaschi di queste settimane e le soluzioni tecniche promesse negli incontri con gli amministratori che a nulla sono serviti a chi in campagna vive e lavora da 50 anni: «E che è abituato a lavorare e ragionare su ciò che vede».
Nonne è uno dei duemila imprenditori agricoli sull’orlo della disperazione. La sua famiglia gestisce aziende agricole, zootecniche, vigne. «E viviamo tutti lo stesso incubo».
Un dramma umano, per le famiglie che la Nurra, tra mille difficoltà, ancora popolano, che rischia anche di avere effetti dirompenti sull’economia del territorio. «Solo la cantina sociale Santa Maria La Palma fattura 20 milioni di euro – attacca Nonne – considerando tutte le aziende e l’indotto parliamo di un’economia che di milioni ne muove decine, con ricadute importanti sulla vita di migliaia di persone. E soprattutto parliamo di una vocazione agricola della Nurra che diventa ogni giorno più difficile difendere. Perché se io non ho il pane da mettere in tavola e arriva qualcuno a offrirmi dei soldi per mettere su pannelli diventa difficile dirgli di no, soprattutto se non ci sono più prospettive».
I problemi sono antichi: «Come le soluzioni – tuona Nonne – Sento ancora parlare di acque reflue di Sassari e Alghero, 12 milioni di metri cubi che si potrebbero usare invece che buttare. O di interconnessione dei bacini. Ma di questo si parla da anni. Dove sono le risposte vere? La terra non è un’azienda che può andare in crisi e poi si riprende, non si può mettere in pausa, un errore fatto oggi ha effetti per due o tre anni. Una vigna piantata lo scorso anno e abituata all’acqua tra qualche mese sarà da buttare via. E poi c’è chi ha avuto il coraggio di investire nelle macchine agricole, facendo debiti importanti con le banche. Come devono pagare le rate? Si rischia che le aziende saltino in aria e non si riprendano più».
Il dramma è che, di emergenza in emergenza: «Nessuno quest’anno ha fatto programmazione – sottolinea l’agricoltore –. E la campagna vive di lavoro quotidiano ma anche di programmi almeno triennali. Parlano di cambiamento climatico? Bella scoperta. Lo raccontano a chi col clima ha a che fare ogni ora della sua vita, a chi al clima lega la possibilità o meno di portare il pane a tavola per la sua famiglia. Ci sono dei problemi che ben conosciamo, e li conosciamo da anni. Ma nonostante questo non arrivano mai le risposte adeguate».
In gioco c’è la sopravvivenza: «E non parlo solo delle famiglie, ma anche di un comparto, di una storia produttiva, della vocazione di un territorio. I giovani, cresciuti in questa incertezza, scappano. I grandi hanno paura di non lasciare niente. Ho sentito giustamente tanti difendere la vocazione agricola e produttiva della Nurra, ma questo non si può fare mettendo i lucchetti a un territorio che rischia di diventare un deserto. E se diventerà un deserto poi arriveranno i predoni».