Medici di base dipendenti Asl? «Un disastro per i pazienti»
No dei sindacati alla riforma: «Ci saranno liste d’attesa e ticket da pagare». Desole (Fimmg): «Dopo sei ore di ambulatorio spegneremo il telefono»
Sassari La fumata è grigia, ma il clima è quello delle grandi manovre. A Palazzo Chigi si discute il futuro della medicina generale, mentre i medici di famiglia aspettano di sapere se il loro status di privati convenzionati, verrà spazzato via da una riforma che li trasformi in dipendenti pubblici. La premier Giorgia Meloni, affiancata dai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, dal ministro della Salute Orazio Schillaci e da quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti, si confronta con il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga. Alla fine, nessuna decisione, solo una promessa: si continuerà a discutere.
Al centro del dibattito c'è il modello di medicina territoriale. Le Case di comunità, previste dal PNRR come nuovo pilastro della sanità pubblica, necessitano di personale medico presente e disponibile. Il ministro Schillaci insiste: «Sulle Case di comunità e sulla medicina territoriale non possiamo arretrare: abbiamo bisogno della leale collaborazione dei medici di medicina generale». Il problema è che i medici di famiglia questa collaborazione la interpretano diversamente.
Antonello Desole, medico di base e segretario provinciale della Fimmg di Sassari, non ha dubbi su cosa significhi la riforma: «Garantiamo un’apertura dell’ambulatorio che nominalmente è di tre ore al giorno, ma poi supera sistematicamente le quattro o le cinque. Tutte le altre esigenze del paziente, quindi la ricettazione, la visita urgente a domicilio, la visita programmata, l’assistenza nelle case di riposo, insomma tutte le necessità del cittadino per le quali non paga un euro, sono coperte in un rapporto che va dalle 8 alle 20, con una disponibilità telefonica quasi continua. Si chiama prossimità, possibilità di sceglierti il medico che ti piace e revocarlo anche il giorno dopo se non sei soddisfatto, cosa impossibile con qualsiasi altra figura della sanità».
Se il medico di base entra nel sistema pubblico dell’Asl, si spezzerà un legame costruito in trent’anni: «Se divento dipendente chiudo il mio ambulatorio. Oggi pago di tasca mia spese di gestione, auto, assicurazione, segretaria, malattia, ferie. Da dipendente farò sei ore e venti al giorno, lavorerò la metà di oggi, e si perderà la capillarità della medicina generale. Io non darò più il mio cellulare al paziente per la reperibilità extra oraria, e si cancellerà quel rapporto confidenziale e di fiducia. Dopo le sei ore e venti, il telefono si spegne».
Poi c'è il nodo dell’accesso alle cure: «Il paziente che oggi viene nel mio studio, arriva quando vuole, senza appuntamento. Se io sarò dipendente, il cittadino che viene da me dovrà pagare un ticket e non potrà arrivare senza appuntamento, creando la solita calca negli ambulatori. Dovranno prenotare attraverso un CUP dedicato, e il risultato saranno le stesse identiche liste d’attesa delle altre branche del pubblico. Di fatto si sta smantellando la medicina generale del territorio per allestire le Case di comunità. L’assistenza domiciliare ai pazienti cronici si perderà».
I numeri sono spietati: «A livello nazionale si vogliono costruire 1300 Case di comunità, ma forse se ne faranno 800, o 1000 se va bene. L’Italia è fatta di 8000 paesi: il rapporto è una Casa di comunità ogni 10 paesi. Questo significa che i pazienti dovranno mettersi in macchina anche solo per avere una ricetta o una visita». Non basta, c’è il discorso delle spese: «Il costo dell’ora di lavoro nel pubblico è superiore del 40% rispetto a quello nel privato. Oggi la medicina generale costa 8 miliardi di euro l’anno, se i medici diventeranno dipendenti Asl, il costo salirà a 18 miliardi. Tutta questa rivoluzione viene fatta anche per colmare le carenze croniche di medici di base. Ma basterebbe un esempio per capire come si arriverà a un flop totale: i geriatri, i diabetologi e i fisiatri, sono le figure più ricercate e introvabili sul mercato. Ogni Provincia ha una di queste professionalità per l’intero territorio di competenza, un rapporto per abitante che crea delle liste d’attesa anche di 4 mesi per un fisiatra a domicilio. Ecco, in Italia non si riesce ad assumere 270 medici tra fisiatri, diabetologi e geriatri per 90 provincie in modo da abbattere le liste d’attesa, ma si pensa di reclutare 40mila medici di base. Se non è follia questa...» .