Graziano Mesina, una vita in fuga dal carcere
A 14 anni la prima volta in cella, poi continui arresti ed evasioni rocambolesche
Riproponiamo l’articolo scritto da Agostino Murgia l’11 giugno del 2013, in cui viene ricostruita la vita Graziano Mesina, nei giorni dell’ultimo arresto per traffico di stupefacenti
Quando entra sa dove appendere la giacca: così, in Barbagia, si commenta in genere il ritorno in carcere di chi ne era uscito dopo aver espiato una condanna. Graziano Mesina - 71 anni di età e 57 di carriera criminale - di giacche nelle patrie galere ne ha appese parecchie: tra evasioni, permessi revocati e condanne varie non è facile tenere il conto dei suoi ingressi nei penitenziari di mezza Italia. Ogni suo arresto diventa progressivamente più eclatante, ma basta uno sguardo anche veloce sul passato perché lo stupore iniziale per l'ennesima incriminazione si smorzi rapidamente. L'ultimo episodio - con il quale Mesina si è giocato la grazia che nel 2004 gli era stata concessa dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi - sembra quasi ricalcare gli avvenimenti che tra il 1992 e il 1993, ad Asti, lo avevano portato a perdere la libertà condizionale che gli era stata accordata alla fine del 1991. «Devo ammettere - disse il presidente del tribunale di sorveglianza di Torino dopo il provvedimento di revoca - che Mesina ha smentito la fiducia che gli avevamo dato. Quando gli avevamo concesso la semilibertà lo avevamo fatto perché eravamo sicuri del suo ravvedimento, ma ora siamo costretti ad ammettere che non ha utilizzato i 29 anni trascorsi in carcere per imparare a riflettere: non sono serviti a niente».
Una vita in carcere. Quei 29 anni trascorsi in cella (seppur non consecutivamente) continuarono ad aumentare sino ad arrivare a 41 nel novembre del 2004, quando riuscì finalmente a riconquistare la libertà. Appesantito e decisamente fuori fase, "Grazianeddu" aveva ormai l'aspetto di un mito ormai in naftalina. Una condizione che durò poco, perché ben presto ricominciò a calcare le scene, come ai bei tempi di Asti, in un crescendo costante: apparizioni televisive e interviste, ma anche inviti a convegni di vario genere. Sino a domenica notte, quando per l'ennesima volta i carabinieri hanno bussato alla sua porta e gli hanno notificato l'ultimo ordine di custodia cautelare.
L'esordio criminale. Nato a Orgosolo il 4 aprile del 1942, Graziano Mesina entra per la prima volta in carcere nel 1956, all'età di 14 anni, quando viene fermato per porto d'armi abusivo. Nel maggio del 1960 nuovo arresto, questa volta per danneggiamento della cosa pubblica. Nel gennaio del 1961, dopo aver finito di scontare la pena, aiuta il fratello Antonio nelle indagini private per scagionare i Mesina dall'accusa di avere sequestrato e ucciso Pietrino Crasta. Nel dicembre dello stesso anno comincia la spirale della vendetta: "Grazianeddu" tenta di uccidere Luigi Mereu, parente di quel Francesco Mereu che, secondo i Mesina, sarebbe stato complice nell'omicidio del sequestrato. Nuovo arresto e nuovo soggiorno in carcere. Breve perché dopo qualche mese si fa ricoverare nell'ospedale di Nuoro, da dove riesce a evadere rocambolescamente aggrappandosi a una grondaia: resta nascosto per due giorni in un cunicolo e poi raggiunge il Supramonte di Orgosolo, dove si dà alla latitanza. Ricompare all'improvviso in un bar del centro del paese la sera del 13 novembre del 1962, quando uccide con una raffica di mitra Andrea Muscau, che ritiene invischiato nell'omicidio del fratello Giovanni. Mesina viene catturato e condannato a 24 anni di carcere.
La fuga da San Sebastiano. L'11 settembre del 1966 nuova rocambolesca fuga dal carcere di San Sebastiano, nel centro di Sassari: "Grazianeddu" riesce a calarsi dall'alto muro del penitenziario seguito da un giovane ex legionario spagnolo, Miguel Asencio Prados detto Atienza. I due riescono a raggiungere il Supramonte di Orgosolo, base quasi inviolabile per scorribande criminali di ogni tipo. Le imprese dei due malviventi e della loro banda cominciano ad essere mitizzate dagli inviati di varie nazioni che bivaccano a Nuoro e inondano i loro giornali di articoli con i quali contribuiscono a creare una sorta di leggenda: non capiscono che Mesina si è rapidamente trasformato da bandito barbaricino a manodopera della criminalità organizzata, meglio nota come "Anonima sequestri". Si scatena una vera e propria guerra con le istituzioni, che vengono rafforzate con l'invio di reparti speciali, tra i quali i "Baschi blu" della polizia, due dei quali muoiono durante un'operazione sulle montagne.
La morte di Atienza. Il 17 giugno del 1967 a cadere in un conflitto a fuoco è lo spagnolo Atienza. Mesina riesce a sganciarsi e a continuare nelle sue imprese, tra le quali i sequestri di persona. Ormai sembra imprendibile e il mito si autoalimenta sempre più: sino a quando una sera del marzo del 1968 viene arrestato da una pattuglia della polizia stradale alla periferia di Orgosolo e condannato all'ergastolo per cumulo di pena. Questa volta la reclusione dura sino al 20 agosto del 1976, quando riesce ad evadere dal supercarcere di Lecce insieme al nappista Martino Zichitella e ad altri dieci reclusi, tra i quali un esponente di spicco della banda dei Marsigliesi. Da Lecce riesce a raggiungere Milano - dove si aggrega alla banda capitanata dal boss Francis Turatello - dopo aver lasciato traccia del suo passaggio con il primo sequestro di persona delle Marche e altre imprese criminali. Viene catturato il 16 marzo del 1977 in un paesino vicino a Trento e il suo "Albo d'oro" si arricchisce di nuove condanne.
La donna di Vigevano. Nel 1985 "Grazianeddu" brucia inspiegabilmente la possibilità di ottenere la semilibertà non rientrando a Porto Azzurro dal primo permesso di dodici ore: gli è stato concesso per andare a far visita a un fratello, ma lui preferisce scappare con una tale Valeria Fusé, una ragazza che spesso gli scriveva in carcere. I due vengono catturati dopo una settimana in una casa di Vigevano. Questa volta la reclusione dura sino al 18 ottobre del 1991, quando Mesina ottiene la libertà condizionale e si trasferisce a San Marzabotto, un paesino vicino ad Asti, dove trova lavoro come guardiano.
Il sequestro Kassam. Il 10 luglio del 1992, alla liberazione del piccolo Farouk Kassam, rapito in gennaio, "Grazianeddu" sostiene di aver avuto un ruolo determinante e ritorna a fare la star. Si espone troppo e il 29 luglio viene arrestato con l'accusa di traffico di armi, inchiodato da una perquisizione e da una serie di intercettazioni inequivocabili. Mesina grida al complotto, ma anziché scegliere un pubblico processo, dove poter dimostrare la sua tesi, opta per il rito abbreviato, a porte chiuse, e viene condannato a otto anni. Il tribunale di sorveglianza a questo punto gli revoca la semilibertà e lo rimanda a scontare l'ergastolo. Il 6 dicembre del 2000 arriva una nuova condanna a due anni e quattro mesi da parte del giudice monocratico di Nuoro per violazione della legge del 1991 sui sequestri, che impedisce i contatti tra gli emissari e i banditi. L'incriminazione risale al rapimento di Farouk Kassam. Dopo aver assaporato la libertà, le mura del carcere diventano sempre più strette e Mesina, dopo un lungo periodo di calma, riprova a tentare la carta della semilibertà. Ma l'8 febbraio del 2001 i giudici del tribunale di Asti respingono la richiesta dei legali dell'ex superlatitante, i quali chiedevano il ricalcolo delle pene e la revoca della condanna all'ergastolo. Non resta che la domanda di grazia, che viene inoltrata nel 2003, dieci anni dopo l'ultimo arresto.
La grazia. Il presidente della Repubblica, visti anche i 41 anni totali trascorsi in carcere, concede la grazia e nel novembre del 2004 "Grazianeddu" lascia il carcere di Voghera. Ma il ritorno a Orgosolo si rivela infausto: l'ex re del Supramonte riprende antiche abitudini, mascherate dall'attività di guida turistica. I suoi movimenti clandestini non sfuggono però ai carabinieri e le porte del carcere di Badu 'e carros si riaprono ancora una volta per lasciar passare Mesina.
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