L’ultima fuga di Graziano Mesina: la caccia durata un anno e mezzo
Il blitz del dicembre 2021 che riporta Grazianeddu in carcere
Sassari Gli occhi sgranati e poi una smorfia disegnata sul viso. Lo ha trovato così, al primo piano di un’abitazione di Desulo, tra via Nuoro e Contrada Gennargentu, il Gruppo di intervento speciale dei carabinieri. Che tra le 2,30 e le 3 del 18 dicembre 2021 hanno fatto irruzione facendo saltare in aria il portoncino d’ingresso, protetti da un cordone di sicurezza steso intorno al paese dai Cacciatori di Sardegna.
Il re delle evasioni e delle fughe dormiva vestito, maglione grigio e jeans scuri, pronto ancora una volta a scappare, in una camera da letto arredata in modo modesto, con una stufetta, un piumone color glicine e lenzuola di mollettone a difenderlo dal gelo. Sulla parete un crocefisso, da una parte uno zaino con un tutto l’occorrente per un supplemento di latitanza, compresi medicinali, pomate e garze per curare le piaghe.
Mesina ha strabuzzato gli occhi e si è lasciato catturare senza opporre resistenza e senza pronunciare parola. Quando è stato dichiarato in arresto niente battute, nessun beffardo complimento agli uomini che gli davano la caccia. Una caccia puntigliosa e testarda, alimentata dalle esigenze di giustizia, ma anche dalla voglia di cancellare lo schiaffo del luglio del 2020 quando Mesina sfuggì all’arresto dopo che la Corte di Cassazione aveva confermato per lui una condanna a 30 anni (poi diventati 24). Era il pomeriggio del 2 luglio. E i giudici della Cassazione erano ancora riuniti per decidere la sentenza quando Grazianeddu ha deciso di sparire, lasciando l’appartamento che condivideva con il nipote, seppur in spazi separati, in corso Repubblica 279 a Orgosolo, a pochi passi da piazza Caduti in guerra. E non presentandosi al consueto appuntamento in caserma per firmare, che mai aveva saltato nell’anno e spiccioli passato da quando aveva lasciato il carcere per decorrenza di termini.
Un anno e quasi un mese trascorsi come un pensionato qualsiasi. Come se i quasi 50 anni di carcere, le fughe avventurose, le accuse e le condanne, i processi e la grazia, e poi di nuovo il carcere e la ritrovata libertà sul filo di lana, non fossero mai esistiti. La latitanza viene dichiarata ufficialmente il 24 luglio, ironia della sorte dal presidente della prima sezione della Corte d’Appello di Cagliari, Giovanni Lavena. Lo stesso giudice che l’anno precedente, andando oltre il termine di sei mesi per il deposito delle motivazioni della sentenza d’appello che confermava la condanna a 30 anni per Grazianeddu, ha indirettamente aperto le porte del carcere e restituito a Mesina la libertà. Ma immediata scatta la caccia. Si batte palmo a palmo Orgosolo, Nuoro, la Barbagia, e del centro Sardegna si arriva fino alla costa e alle località di mare. C’è chi sostiene che Mesina sia in un rifugio sicuro, che abbia solo voluto prendere tempo per capire come giocare bene le sue ultime carte, per trattare la resa. C’è chi lo immagina in barca diretto in Grecia o nel Nord Africa. Gli investigatori dei Ros tessono pazienti la tela. In un territorio, racconterà il generale di divisione Pasquale Angelosanto il giorno della cattura, dove è difficile muoversi senza essere scoperti.
Ma anche circondati con un muro di silenzio: «Non c’è stato alcun apporto confidenziale, siamo arrivati a lui solo con l’attività investigativa». Metodi tradizionali, quindi, uniti a tecnologie avanzate (intercettazioni ambientali e telefoniche), a caccia di un personaggio che ha mostrato «notevoli attività mimetiche», e con capacità di «mobilità sul territorio testimoniata anche dalla disponibilità di contanti».
Mesina, infatti, non aveva armi, ma 6mila euro in tasce che gli servivano per alimentare la latitanza. I carabinieri sono convinti che Mesina non si sia mai mosso dalla Sardegna centrale e che Desulo sia solo l’ultima tappa di un “tour fuggiasco”. E sono sicuri di essere arrivati altre volte vicini alla cattura, senza mai concretizzare le certezze che hanno invece dato il via all’operazione di Desulo. Che chiude l’ultima latitanza della primula rossa. «Per me rientrare in carcere è come morire, per questo sono scappato», ha ripetuto alle sue avvocate, dopo essere tornato a Badu ’e Carros. E dal carcere è uscito solo per trovare lamorte.