Bonorva, mascherine contro il virus nella fabbrica di materassi
di Giovanni Bua
La storica impresa bonorvese “Il Ghiro” ha convertito parte della produzione. Il titolare Pietri: «In un giorno 50mila ordini, siamo pronti a fare la nostra parte»
21 marzo 2020
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SASSARI. Cinquantamila ordini arrivati in meno di 24 ore, su facebook, al telefono, direttamente allo stabilimento. Con una produzione che, per ora, è arrivata a 3mila pezzi al giorno. Ma potrebbe salire già nel corso della prossima settimana a 10mila. «Ci cercano associazioni, Comuni, enti, imprese, amici, parenti, compaesani. Ci cercavano già da giorni. Ancora prima che iniziassimo. E per questo abbiamo deciso».
Lui è Edoardo Pietri, titolare del “Ghiro”, 50 anni di storia tondi tondi, sette punti vendita a Bonorva, Sassari, Olbia, Nuoro e Oristano. Uno stabilimento a Bonorva che produce materassi, ma anche salotti, poltrone e sommier. Che da ieri ha iniziato a sfornare mascherine in Tnt. «Non quelle ad alta protezione che si usano negli ospedali – sottolinea – ma quelle basiche. Che usano le persone che vanno a fare la spesa, ma anche gli addetti alla vendita, o i dipendenti delle attività ancora attive. Per il momento stiamo procedendo con l'autocertificazione. Attendiamo l'autorizzazione del ministero della Salute che certifichi il prodotto e contiamo di proseguire fino a quando ce ne sarà bisogno».
Mascherine che sono introvabili. E, quando si trovano, costano ormai una fortuna. E qui arriva la storica impresa bonorvese. «Abbiamo visto che, dopo le deroghe concesse dagli ultimi decreti ministeriali, alcuni grossi gruppi nazionali hanno iniziato a convertire parte della loro produzione in mascherine – spiega Pietri – e abbiamo pensato che anche noi avevano gli strumenti, i materiali e tutto il know-how necessario per farlo. Dopo l'esplosione della pandemia avevamo ridotto al minimo la nostra attività e messo una parte dei lavoratori, circa trenta, in cassa integrazione. Ma poi guardandoci intorno abbiamo deciso di richiamare parte dei lavoratori e dedicarli a tempo pieno alla nuova linea produttiva».
La voce si sparge in un amen, e bastano un paio di post di facebook e un giro di telefonate per arrivare all’incredibile cifra di 50mila ordini. «Ci sono Comuni che ne hanno ordinato 5mila, ed enti e associazioni che ne prenderanno centinaia ognuna. Molti le regaleranno, o le useranno per dipendenti e operatori». Il prezzo “di fabbrica” rimarrà assolutamente popolare, poco sopra i costi di produzione. «Quello che ci anima – spiega Pietri – è principalmente il senso di responsabilità. Possiamo dare una mano, facendo quello che sappiamo fare meglio: tagliare e cucire. E chiaramente non è nostra intenzione “fare affari” con questa situazione. C’è però anche un’altra cosa importante: garantire il lavoro dei nostri operai, potere continuare a dargli una busta paga, senza gravare su nessuno. L’emergenza virus è enorme e sconosciuta. Ma bisogna stare attenti anche a un’altra emergenza, quella sociale».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lui è Edoardo Pietri, titolare del “Ghiro”, 50 anni di storia tondi tondi, sette punti vendita a Bonorva, Sassari, Olbia, Nuoro e Oristano. Uno stabilimento a Bonorva che produce materassi, ma anche salotti, poltrone e sommier. Che da ieri ha iniziato a sfornare mascherine in Tnt. «Non quelle ad alta protezione che si usano negli ospedali – sottolinea – ma quelle basiche. Che usano le persone che vanno a fare la spesa, ma anche gli addetti alla vendita, o i dipendenti delle attività ancora attive. Per il momento stiamo procedendo con l'autocertificazione. Attendiamo l'autorizzazione del ministero della Salute che certifichi il prodotto e contiamo di proseguire fino a quando ce ne sarà bisogno».
Mascherine che sono introvabili. E, quando si trovano, costano ormai una fortuna. E qui arriva la storica impresa bonorvese. «Abbiamo visto che, dopo le deroghe concesse dagli ultimi decreti ministeriali, alcuni grossi gruppi nazionali hanno iniziato a convertire parte della loro produzione in mascherine – spiega Pietri – e abbiamo pensato che anche noi avevano gli strumenti, i materiali e tutto il know-how necessario per farlo. Dopo l'esplosione della pandemia avevamo ridotto al minimo la nostra attività e messo una parte dei lavoratori, circa trenta, in cassa integrazione. Ma poi guardandoci intorno abbiamo deciso di richiamare parte dei lavoratori e dedicarli a tempo pieno alla nuova linea produttiva».
La voce si sparge in un amen, e bastano un paio di post di facebook e un giro di telefonate per arrivare all’incredibile cifra di 50mila ordini. «Ci sono Comuni che ne hanno ordinato 5mila, ed enti e associazioni che ne prenderanno centinaia ognuna. Molti le regaleranno, o le useranno per dipendenti e operatori». Il prezzo “di fabbrica” rimarrà assolutamente popolare, poco sopra i costi di produzione. «Quello che ci anima – spiega Pietri – è principalmente il senso di responsabilità. Possiamo dare una mano, facendo quello che sappiamo fare meglio: tagliare e cucire. E chiaramente non è nostra intenzione “fare affari” con questa situazione. C’è però anche un’altra cosa importante: garantire il lavoro dei nostri operai, potere continuare a dargli una busta paga, senza gravare su nessuno. L’emergenza virus è enorme e sconosciuta. Ma bisogna stare attenti anche a un’altra emergenza, quella sociale».
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