La valle del Rosello abbandonata e il suo ultimo guardiano
Non solo degrado e erbacce sotto il Ponte di Rosello dove Emanuele Bernardinelli strappa la terra all’incuria
Sassari «Il Comune? Forse farebbe meglio ad astenersi da ogni iniziativa qui giù nella valle: tutto quello che hanno fatto le amministrazioni negli ultimi decenni è stato inutile e dispendioso». Emanuele Bernardinelli ha 77 anni, parla con calma e sorride, ma è chiaro che non sta scherzando.
Ogni mattina – «ma non chiedetemi da quanti anni, non ve lo saprei dire» – scende nella valle del Rosello e si prende cura di quel parco, nato quindici anni fa e morto quasi subito.
Lui è l’ultimo guardiano di una valle che un tempo, con i suoi orti, sfamava tutta Sassari e, con la sua fontana, dissetava la città. Nel lavatoio, ristrutturato con gran spesa e oggi chiuso alla bell’e meglio con tavolacce di legno, le donne sciacquavano i panni. Un via-vai continuo in quella valle, mentre oggi, quando va bene, ci entra qualcuno che porta a passeggio il cane e, quando va male, qualche tossico alla ricerca di un po’ di riservatezza.
Bernardinelli è rimasto l’ultimo a curarsene. Ogni mattina scende nella valle, armato di zappa, buona volontà e un senso civico sconfinato, e si mette al lavoro. Dissoda la terra, sradica le canne, estirpa le erbacce, pianta alberelli che ha ritirato dal vivaio della Forestale o cura quelli che ha trovato nella valle. Ci sono due bei pini, tanti eucalipti, diversi alberelli di fico. Poi c’è anche un angolino con le piante grasse. Vicino al ponte ha sistemato alcune panchine e sedie riciclate, le usano quelli che portano i cani a spasso. «Lì c’era un fosso, anche parecchio pericoloso: l’ho riempito con le radici delle canne, ora spero che diventino un bel compost».
Bernardinelli si schermisce: «Io non ho il pollice verde, infatti qualche pianta è in sofferenza o muore, cerco di fare le cose giuste». E se gli si fa notare che fa tanto per tutta la città, replica: «Io lo faccio per me, poi se ne usufruiscono gli altri va bene». Racconta che tutto è cominciato per un moto interiore: «Mi prendevo cura di un giardinetto qui sopra – indica le case sul retro di corso Trinità, dove la sua famiglia gestisce uno storico negozio di arredamento – e mi dava troppo fastidio affacciarmi e vedere la valle ridotta a un immondezzaio».
Così, un po’ alla volta ha iniziato a bonificarla, a strapparla alle erbacce e ai rifiuti: «Prima arrivavo sino al ponte, ma quando arrivavano gli operai del verde passavano col trattore, fregandosene di tutto e buttando giù anche gli alberi. Così adesso mi occupo solo di questa parte, dalle scale della discesa Mulineddu sino al terrapieno di viale Sicilia».
Adesso, utilizza le pietre che trova durante la bonifica per evidenziare le aiuole: «Spero che basti a proteggerle dal trattore». Il diserbo sconsiderato non è certo l’unico problema della zona: «Vedete lì? – indica le scalette di accesso alla valle da corso Trinità –, lì vanno a bucarsi». In terra ci sono siringhe usate, macchie di sangue, fazzolettini: «Tagliano i canneti, che poi ricrescono dopo due mesi, per mandar via i tossici, ma in realtà non serve a niente».
Ma neanche questi scomodi vicini di casa fanno demordere Bernardinelli, che pezzo a pezzo continua a bonificare la valle: «Sono pensionato, ma cose da fare già ne avrei» scherza. E davanti ai complimenti, replica: «Ne ricevo sempre, negli anni sono arrivati anche assessori e consiglieri comunali, ma non mi chieda di che amministrazione perché non lo so. Ma i complimenti non servono, a tutti dico che sarebbe meglio darmi una mano». Trovarlo, d’altra parte, non è difficile: «Vengo qui quasi tutte le mattine, se qualcuno vuole aiutare, è ben accetto».