La musica delle parole: le poesie di Paolo Fresu
di Paolo Fresu
Esce per Rizzoli “Poesie jazz per cuori curiosi”, raccolta di versi del musicista. Una nuova sfida creativa accompagnata dai disegni di Anna Godeassi
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Quale può essere il senso dello scrivere per un jazzista? Nel mio caso credo sia l’innata curiosità verso due linguaggi diversi – la musica e le parole – che si annusano e si toccano. Un intenso bisogno di raccontarmi utilizzando gli strumenti attraverso cui si sviluppa il pensiero creativo. Musica e parola convivono non solo nell’architettura di una canzone o di un’opera ma nel quotidiano, fatto di suoni e di espressioni verbali. Nel mio percorso ho scelto il linguaggio della musica perché fin da subito mi è parso il più ricco e fascinoso, oltre a essere per me il più naturale e spontaneo. Certo, da piccolo non avrei neanche sognato di potermi raccontare sui palchi del mondo con una tromba. Non solo perché venivo da una famiglia di pastori e contadini, ma soprattutto perché non immaginavo che un suono potesse essere così potente da condizionare, arricchendolo, il mio modo di vivere e di pensare. Oggi lo so e sono sempre più consapevole di quanto questo possa entrarti dentro provocando un terremoto emotivo che è difficile da esplicitare. È proprio per questo motivo che adesso sento il bisogno di confrontarmi anche con le parole, in particolare con quelle che più si avvicinano alla musica.
Se un cataclisma produce un boato inatteso, questo è difficile da metabolizzare e, per elaborarlo, può aiutare tradurlo in poesia. Necessita infatti di una parola scritta o declamata, come fanno i poeti in limba, l’idioma della mia isola, accompagnandosi con il canto e con il melisma.
C’è dunque una contiguità tra il linguaggio della musica e quello della parola poetica. È una linea che reclama un’indagine interiore, un percorso simile a quello della produzione del suono che nasce nella testa e che passa attraverso lo stomaco e poi il cuore.
Non dimenticherò facilmente quando per la prima volta emisi il suono che mi riempì dentro. L’impressione fu come di una finestra che si apriva d’improvviso e dalla quale potevo vedere me stesso proiettato avanti nel tempo. Una sorta di specchio magico che mi allontanava dalla realtà catapultandomi nel futuro dove ora mi trovo.
Quel futuro è oggi un ricco presente che mi permette ogni giorno di apprendere e di scoprire, di riflettere, comunicare e vivere intensamente. Laddove i diversi linguaggi si alimentano e si completano vicendevolmente dandomi l’opportunità di indagare sul canto quotidiano. Poesia che è tagliente quanto docile alla metafora e che, talvolta, si fa segno e questo diviene suono da scagliare come un grido o da far precipitare repentino.
Lo stesso può dirsi delle oniriche opere di Anna Godeassi che, in un altro linguaggio ancora, quello pittorico, sono sguardi, linee e viaggi. Caravelle che solcano gli oceani e traversate impossibili come furono, per Lindbergh e Saint- Exupéry, quelle alla ricerca di un nuovo approdo costiero. È una scrittura amanuense la sua, da tratteggiare con antichi pigmenti e inchiostri gotici che potrebbero provenire da uno scriptorium di Montecassino o San Gallo.
Un altro scrivere e un altro viaggio?
Se il quotidiano è composto anche da un pellegrinare, questo diventa uno straordinario strumento di scoperta e un arricchimento interiore per cui non serve un biglietto da obliterare ma solo un pensiero curioso e aperto. È per questo che, nel libro che avete fra le mani, ho deciso di collaborare con Anna.
Anzi, forse più che di una collaborazione, si è trattato di una transumanza senza meta, dove le coordinate di una geografia incerta sono riportate con un codice che porta direttamente al cuore.
“Poesie jazz per cuori curiosi” sono per me i tanti biglietti non obliterati. Quelli del viaggio quotidiano e di un mare che lambisce il pensiero che si fa parola, ancora prima che suono.
© 2018 MONDADORI LIBRI
S.P.A., MILANO
Se un cataclisma produce un boato inatteso, questo è difficile da metabolizzare e, per elaborarlo, può aiutare tradurlo in poesia. Necessita infatti di una parola scritta o declamata, come fanno i poeti in limba, l’idioma della mia isola, accompagnandosi con il canto e con il melisma.
C’è dunque una contiguità tra il linguaggio della musica e quello della parola poetica. È una linea che reclama un’indagine interiore, un percorso simile a quello della produzione del suono che nasce nella testa e che passa attraverso lo stomaco e poi il cuore.
Non dimenticherò facilmente quando per la prima volta emisi il suono che mi riempì dentro. L’impressione fu come di una finestra che si apriva d’improvviso e dalla quale potevo vedere me stesso proiettato avanti nel tempo. Una sorta di specchio magico che mi allontanava dalla realtà catapultandomi nel futuro dove ora mi trovo.
Quel futuro è oggi un ricco presente che mi permette ogni giorno di apprendere e di scoprire, di riflettere, comunicare e vivere intensamente. Laddove i diversi linguaggi si alimentano e si completano vicendevolmente dandomi l’opportunità di indagare sul canto quotidiano. Poesia che è tagliente quanto docile alla metafora e che, talvolta, si fa segno e questo diviene suono da scagliare come un grido o da far precipitare repentino.
Lo stesso può dirsi delle oniriche opere di Anna Godeassi che, in un altro linguaggio ancora, quello pittorico, sono sguardi, linee e viaggi. Caravelle che solcano gli oceani e traversate impossibili come furono, per Lindbergh e Saint- Exupéry, quelle alla ricerca di un nuovo approdo costiero. È una scrittura amanuense la sua, da tratteggiare con antichi pigmenti e inchiostri gotici che potrebbero provenire da uno scriptorium di Montecassino o San Gallo.
Un altro scrivere e un altro viaggio?
Se il quotidiano è composto anche da un pellegrinare, questo diventa uno straordinario strumento di scoperta e un arricchimento interiore per cui non serve un biglietto da obliterare ma solo un pensiero curioso e aperto. È per questo che, nel libro che avete fra le mani, ho deciso di collaborare con Anna.
Anzi, forse più che di una collaborazione, si è trattato di una transumanza senza meta, dove le coordinate di una geografia incerta sono riportate con un codice che porta direttamente al cuore.
“Poesie jazz per cuori curiosi” sono per me i tanti biglietti non obliterati. Quelli del viaggio quotidiano e di un mare che lambisce il pensiero che si fa parola, ancora prima che suono.
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S.P.A., MILANO