Luigi Natale, dal calcio alla parola controvento
di Luciano Piras
“Il mare che aspetta”, nuovo libro del poeta di Orotelli ex giocatore di Cagliari, Torres e Nuorese
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NUORO. È semplicemente una questione di intensità, o meglio ancora: di percezione. Perché una cosa è certa: persino nelle tenebre più oscure c’è sempre un bagliore, un riverbero quanto meno, che fa luce. Il giorno e la notte, del resto, sono soltanto convenzioni, contrasti voluti dall’Uomo per calcolare lo scorrere implacabile del tempo, che batte in avanti e tuttavia resta eterno e incalcolabile. Così sono le ombre: ci sono perché c’è la luce, sempre e comunque, dominante indiscussa, che sia morbida o fredda poco importa, opaca o sfavillante, mirata o diffusa, uniforme o multiforme. È questione, ancora una volta, di contrasti. È la luce che trionfa sempre, che domina e vince sulla notte più buia. Basta un piccolo, piccolissimo raggio perché il suo spettro proietti ovunque i colori pieni dell’arcobaleno, i colori della vita.
Lo sa bene Luigi Natale, poeta narrante che guarda e racconta «l’oscuro canto che brilla e il volto azzurro del cielo» mentre «tutta la notte la finestra è rimasta aperta. / L’aurora che avanza non ha finito», come a lasciare una speranza sempre accesa sul filo dell’orizzonte. E ancora: «(...) le ombre si perdono nella notte. // E in silenzio la luce / più vicina piange / come canto lieve d’acqua». È la luce, non c’è dubbio, il filo conduttore di questa nuova raccolta poetica di Natale, “Il mare che aspetta” (110 pagine, 13 euro), pubblicata di recente da LietoColle, Faloppio (provincia di Como), piccola perla dell’editoria italiana di qualità, specializzata nei “libriccini da collezione” di poesie. Un “libriccino”, appunto, questo più recente di Luigi Natale, che sta diventando un caso letterario nel marasma folle del mercato dei numeri. «Una candela accesa alla finestra», per usare un’altra metafora rubata allo stesso poeta.
Classe 1957, nato e cresciuto a Orotelli, un passato da calciatore professionista con la maglia del Cagliari e una gloriosa parentesi nella nazionale Azzurra under 17. Venti anni a correre dietro a un pallone nei campi della serie A e della serie B prima. È stato una bandiera anche della Torres e della Nuorese. Luigi Natale ora vive a Pordenone, cittadina di frontiera, di mondo aperto, de lacanas spalancate; cittadina di lingua e lingue sempre a confronto, italiano, veneto, friulano standard e friulano occidentale, tedesco. E sardo, per chi come Luigi Natale è abituato a limare, a tradurre, e soprattutto è imbevuto di mar di Sardegna, forgiato com’è da quel Continente che emerge dalle acque del Mare Nostrum. Il mare che aspetta. Mare e terra: ancora contrasti. Luce e ombra; giorno e notte. Ma anche acqua e fuoco. Non a caso «la poesia veglia su di noi, ci parla delle cose semplici, che sono ovunque se sai guardare – ebbe a dire qualche anno fa il poeta di Orotelli in una rara intervista pubblicata proprio sulle pagine della Nuova Sardegna –. Per me la poesia è eterno canto dell’universo, preghiera, magia, invocazione, trama incancellabile di un percorso spirituale, come le vie dei canti degli aborigeni australiani e le dimenticate transumanze dei nostri pastori».
Fonte prima, madre, matria, materna, è la Sardegna come un’infanzia che alimenta il poeta passato dai riflettori effimeri del pallone al silenzio sacro della parola, «con la luce della lanterna controvento». Controvento e fuori dal tempo, sono caratteristiche di Natale, già autore di diverse altre opere, sillogi poetiche da “Ospite del tempo” del 1998 a “Il telaio dell’ombra” del 2001 (con prologo di Mario Luzi), da “Orizzonti sottili” del 2005 a “L’orlo del mondo” del 2012, fino a “La terra del miele, racconti di Sardegna ed altri mari” del 2014. Isola che da sempre vibra in prima fila per il Festival Pordenonelegge, grazie a Luigi Natale, quest’anno presente con il suo “Mare che aspetta”. Un libro «forte e maturo, forte per quel che c’era e più non c’è, e capace però di illuminare quel che nella mente resta» ha decretato Mario Domenichelli in una felice recensione sul mensile internazionale “Poesia”, Crocetti editore, la massima autorità in Italia in tema di cultura poetica.
“Il mare che aspetta” «segna nella traiettoria poetica di Luigi Natale un momento importante – va avanti Domenichelli –, per il quale lo sguardo fisso sul sé, il linguaggio del sé riesce a trascendere la propria condizione, e a riportare quietamente in vita, per schegge, e frammenti, il tempo perduto». «Resta da guardare la luce mite nel volto di un bambino / per stare accanto a un suo desiderio nascosto / che non sappiamo ritrovare» canta ancora il poeta di Orotelli.
Lo sa bene Luigi Natale, poeta narrante che guarda e racconta «l’oscuro canto che brilla e il volto azzurro del cielo» mentre «tutta la notte la finestra è rimasta aperta. / L’aurora che avanza non ha finito», come a lasciare una speranza sempre accesa sul filo dell’orizzonte. E ancora: «(...) le ombre si perdono nella notte. // E in silenzio la luce / più vicina piange / come canto lieve d’acqua». È la luce, non c’è dubbio, il filo conduttore di questa nuova raccolta poetica di Natale, “Il mare che aspetta” (110 pagine, 13 euro), pubblicata di recente da LietoColle, Faloppio (provincia di Como), piccola perla dell’editoria italiana di qualità, specializzata nei “libriccini da collezione” di poesie. Un “libriccino”, appunto, questo più recente di Luigi Natale, che sta diventando un caso letterario nel marasma folle del mercato dei numeri. «Una candela accesa alla finestra», per usare un’altra metafora rubata allo stesso poeta.
Classe 1957, nato e cresciuto a Orotelli, un passato da calciatore professionista con la maglia del Cagliari e una gloriosa parentesi nella nazionale Azzurra under 17. Venti anni a correre dietro a un pallone nei campi della serie A e della serie B prima. È stato una bandiera anche della Torres e della Nuorese. Luigi Natale ora vive a Pordenone, cittadina di frontiera, di mondo aperto, de lacanas spalancate; cittadina di lingua e lingue sempre a confronto, italiano, veneto, friulano standard e friulano occidentale, tedesco. E sardo, per chi come Luigi Natale è abituato a limare, a tradurre, e soprattutto è imbevuto di mar di Sardegna, forgiato com’è da quel Continente che emerge dalle acque del Mare Nostrum. Il mare che aspetta. Mare e terra: ancora contrasti. Luce e ombra; giorno e notte. Ma anche acqua e fuoco. Non a caso «la poesia veglia su di noi, ci parla delle cose semplici, che sono ovunque se sai guardare – ebbe a dire qualche anno fa il poeta di Orotelli in una rara intervista pubblicata proprio sulle pagine della Nuova Sardegna –. Per me la poesia è eterno canto dell’universo, preghiera, magia, invocazione, trama incancellabile di un percorso spirituale, come le vie dei canti degli aborigeni australiani e le dimenticate transumanze dei nostri pastori».
Fonte prima, madre, matria, materna, è la Sardegna come un’infanzia che alimenta il poeta passato dai riflettori effimeri del pallone al silenzio sacro della parola, «con la luce della lanterna controvento». Controvento e fuori dal tempo, sono caratteristiche di Natale, già autore di diverse altre opere, sillogi poetiche da “Ospite del tempo” del 1998 a “Il telaio dell’ombra” del 2001 (con prologo di Mario Luzi), da “Orizzonti sottili” del 2005 a “L’orlo del mondo” del 2012, fino a “La terra del miele, racconti di Sardegna ed altri mari” del 2014. Isola che da sempre vibra in prima fila per il Festival Pordenonelegge, grazie a Luigi Natale, quest’anno presente con il suo “Mare che aspetta”. Un libro «forte e maturo, forte per quel che c’era e più non c’è, e capace però di illuminare quel che nella mente resta» ha decretato Mario Domenichelli in una felice recensione sul mensile internazionale “Poesia”, Crocetti editore, la massima autorità in Italia in tema di cultura poetica.
“Il mare che aspetta” «segna nella traiettoria poetica di Luigi Natale un momento importante – va avanti Domenichelli –, per il quale lo sguardo fisso sul sé, il linguaggio del sé riesce a trascendere la propria condizione, e a riportare quietamente in vita, per schegge, e frammenti, il tempo perduto». «Resta da guardare la luce mite nel volto di un bambino / per stare accanto a un suo desiderio nascosto / che non sappiamo ritrovare» canta ancora il poeta di Orotelli.