Elio: «Uso il mio successo per fare scoprire ai giovani la grandezza di Jannacci»
Elio arriva a Sassari e Cagliari con lo spettacolo sul cantautore milanese
Elio canta Jannacci. Il re della canzone surreale contemporanea porta in scena colui che è stato in qualche modo l’inventore della canzone surreale. “Ci vuole orecchio” arriva in Sardegna, domani al Comunale di Sassari, venerdì e sabato al Massimo di Cagliari. Tre eventi firmati Cedac .
Elio, il suo primo incontro con Enzo Jannacci?
«Non è stato un incontro personale. Mio papà era in classe con lui al liceo Berchet di Milano. Questo ha significato che fin da piccolo ho sentito parlare di Jannacci in casa e ho ascoltato i suoi dischi. È stata una figura anche affettivamente vicina, anche se nella vita non siamo mai stati amici. L’ho incontrato qualche volta, abbiamo parlato un po’. Ma al di là di questo, Jannacci mi ha sempre entusiasmato: il suo modo di affrontare questo lavoro, di interpretare il ruolo di artista. L’ho sempre considerato uno dei grandissimi italiani».
Jannacci era unico nel suo genere. Gli aspetti che predilige?
«Quando uno è unico è unico, non somiglia a nessuno. E proprio questo è l’aspetto che mi piace molto. Il fatto che lui fosse completamente originale, diverso da tutti, e con una buona dose di coraggio. Non è facile percorrere strade nuove, inesplorate, perché si corre il rischio di andare incontro all’azzardo. È più comodo affidarsi a schemi collaudati. Cosa che lui non ha mai fatto. E in questo sta la sua grandezza. Altra cosa che gli ho sempre invidiato è il risultare convincente sia nel comico che nel drammatico».
Ci sono similitudini tra Enzo ed Elio?
«Sì, le ho messe a fuoco solo ultimamente, preparando questo spettacolo. Prima non me accorgevo. Invece ho scoperto che tra noi ci sono molti punti di contatto, anche nella vita extra-artistica. Siamo due persone normali, con una laurea, anche io come lui diplomato al Conservatorio. E dal punto di vista artistico, in effetti, anche io ho sempre cercato l’originalità, indipendentemente dal risultato».
Tra le tante canzoni di Jannacci ha una preferita?
«Sono affezionato a quelle della prima fase, della collaborazione con Dario Fo, in cui si sentiva di più l’amore per l’assurdo, per il surreale. Tra i pezzi di Jannacci che faccio nello spettacolo c’è “Aveva un taxi nero”: una storia assurda che mi fa impazzire».
Il figlio Paolo è venuto a vedere lo spettacolo?
«Ancora no, ma ci siamo visti ed è molto contento: la mia è la prima opera di rivalutazione. Nel 2023 sarà il decennale della morte e Paolo mi ha invitato al Teatro Arcimboldi ».
Non crede che, come spesso accade con i grandi, Jannacci oggi non sia molto considerato?
«Secondo me non è mai stato particolarmente considerato. Non so quanti conoscano il repertorio di Jannacci. È sempre stato ritenuto un matto, interessante, simpatico. Ma quando si parla di grandi i nomi sono altri: Gaber, Dalla, De André. Ma secondo me lui merita di stare insieme a loro. Ed è questo il motivo per cui l’ho voluto portare in scena: creare una opportunità per un ascolto più attento anche da parte di chi non lo avesse mai ascoltato. E questa idea, che all’inizio era solo un’idea, si sta trasformando in realtà. Da due anni il commento che sento spesso è: non pensavo che Jannacci fosse questa cosa qua».
Questo anche grazie alla sua grande popolarità.
«Lo scopo era esattamente quello: sfruttare il successo ottenuto con Lol per avvicinare il pubblico più giovane, che vive una fase di sofferenza estrema dal punto di vista artistico, costretto ad ascoltare orrori musicali. Credo che alla fine alcuni troveranno Jannacci molto più interessante».