La Nuova Sardegna

Enti locali

Le nuove Province sarde saranno operative solo fra quattro anni

Le nuove Province sarde saranno operative solo fra quattro anni

Approvata nel 2021, la riforma è ancora bloccata

08 novembre 2022
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Cagliari Diciassette mesi dopo il voto del Consiglio regionale non c’è ancora nulla. Sassari continua a non essere una Città metropolitana, Cagliari lo è ma sottodimensionata per numero di Comuni amministrati e i confini delle sei Province, due vecchie e quattro nuove, dipenderanno in gran parte da altrettanti referendum dalla data ancora incerta. Al di là delle incertezze, comunque troppe e con in più l’ipotesi che la riforma finisca per entrare a regime nel 2025, per mettere in moto la nuova macchina serviranno non meno di 2,5 milioni.

Il mistero Alla luce del sole, in Consiglio regionale, la riforma degli enti locali non s’è mossa di un metro. Era una legge fantasma e tale rischia di rimanere almeno fino a dicembre. Eppure, qualche settimana fa, l’assessore Quirico Sanna avrebbe fatto sapere al governatore Christian Solinas: «Ho 14 articoli pronti». Però, almeno stando alle indiscrezioni, la bozza ancora non è stata neanche presa in considerazione dalla presidenza della Regione.

Mappa sospesa Quanto dovrebbe accadere lo si sa sin dal 31 marzo dell’anno, giorno dell’approvazione in aula della riforma. Sulla carta Sassari è stata promossa Città metropolitana e manterrà lo stesso numero di Comuni dell’attuale Provincia, 65, esclusa – è ovvio – la Gallura, che sarà autonoma. Cagliari, che Città metropolitana lo è da anni, passerà da 17 a 72 municipi, riappropriandosi di gran parte dell’ormai ex Provincia del Sud. Nuoro perderà l’Ogliastra, che diventerà autonoma, Oristano non dovrebbe cambiare granché, con infine il ritorno della Province del Medio Campidano e del Sulcis-Iglesiente. Però la mappa potrebbe cambiare 120 giorni dopo il via libera – che non c’è ancora – da parte del Consiglio dei 14 articoli annunciati dall’assessore Sanna.

I referendum Stavolta la Regione non vuole correre prischi. Così dopo che, in primavera, la Corte costituzionale ha respinto il ricorso del Governo sulla «mancata consultazione preliminare delle popolazioni chiamate in causa», adesso avrebbe deciso che tutti gli elettori dei Comuni confinanti fra le varie Province e Città metropolitane dovranno dare il loro assenso iniziale sulla permanenza o meno nel nuovo ente. Secondo la bozza dell’assessorato, la chiamata alle urne «dovrà avvenire entro due mesi dall’approvazione del disegno di legge». Fatti un po’ di calcoli, i referendum non saranno prima di marzo-aprile del 2023.

Avvio reale Attenzione, però: neanche i referendum decreteranno la nascita dei nuovi enti locali. La bozza dell’assessorato, infatti, rinvia al primo gennaio del 2025 la data per «l’effettiva operatività di Città metropolitane e Province», con un’ulteriore coda di sei mesi, necessaria per l’auspicata elezione diretta dei Consigli comunali e metropolitani. In parole spicce: una riforma approvata nel 2021 finirà per essere reale quattro anni dopo.

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