Case per i malati mentali: 15 indagati
Sotto accusa la coop Pitzinnos e quattro dirigenti medici della Asl. Ipotesi di reato: abbandono, falso e concussione
SASSARI. Per consentire a quel fratello sfortunato di entrare in una residenza dove i malati sembravano vivere in armonica autogestione, aveva venduto la casa dei genitori. La retta mensile per far parte della struttura “aperta” era considerevole: 2.200 euro. E la sorella del paziente psichiatrico aveva ricevuto rassicurazioni dalla presidente della coop che la gestiva. Le avrebbe detto, la responsabile, che non c’era struttura pubblica che si potesse prender cura di suo fratello. Che il posto adatto era proprio l’appartamento di via Nizza 29. Non le avrà raccontato che lì, il 20 giugno 2010, un altro paziente si era lanciato dal secondo piano. Forse perché abbandonato a se stesso.
Sono storie di sofferenza che si intrecciano a una lunga sfilza di ipotesi di reato quelle che filtrano dall’inchiesta della Procura sulle due residenze per malati psichiatrici gestite dalla coop “Pitzinnos”. Appartamenti in via Nizza 29 e via Savoia 55 (sequestrati a luglio 2011) dove persone fragili venivano messe assieme per avviare un percorso di responsabilizzazione e reciproco aiuto, sotto lo sguardo - formalmente - del personale della coop. Ma a quelle strutture sanitarie mancavano le autorizzazioni di Regione o Comune, oltre ai «requisiti minimi - emerge dalle indagini - sotto il profilo della sicurezza individuale».
Ma c’è molto altro. Oltre alle contestazioni alla coop - la presidente è indagata per truffa, abbandono di incapace, esercizio abusivo della professione infermieristica - dalla chiusura dell’inchiesta emergono presunte responsabilità di quattro dirigenti medici della Asl 1. La magistratura sospetta che camici bianchi avviassero alle case pazienti seguiti dal Centro di salute mentale, «per dare alla coop un vantaggio ingiusto», stando alle incolpazioni. Tre dei quattro medici avrebbero inoltre sottratto al servizio pubblico mezzi, educatori, infermieri, proprio per inviarli alle residenze di via Nizza e via Savoia. Le ipotesi di reato sono molte: abuso d’ufficio, concussione per induzione, esercizio abusivo della professione, falso ideologico commesso da due medici in una relazione inviata al tribunale di Sorveglianza, che poi aveva emesso due ordinanze sbagliate su una paziente a causa di quei pareri.
Il documento che comunica la fine della indagini dei carabinieri del Nas, coordinate dal pm Giovanni Porcheddu, elenca i nomi dei 15 indagati, a vario titolo: l’ex responsabile del Centro di salute mentale Asl Antonello Pittalis, i colleghi psichiatri Fabio Mario Fara, Maria Elena Lentinu e Maria Angela Marras. Poi la presidente della coop Pitzinnos, Silvia Pilia, l’assistente sociale del Centro di salute mentale Rina Cadau e il collaboratore professionale Asl Alessandro Riccio. E i dipendenti della coop: Maria Luisa Quinzio, Sabrina Gadau, Giovanna Marongiu, Giovanna Angela Pes, Vincenza Flores, Annamaria Maniga, Maria Annunziata Solinas, Marisa Pani. Pilia e Quinzio sono indagate per abbandono di persona incapace, proprio in relazione al tentato suicidio del paziente che a giugno 2010 si era buttato dalla finestra del secondo piano, riuscendo a sopravvivere all’impatto. E facendo scattare l’inchiesta. I medici Pittalis, Lentinu e Marras potrebbero dover rispondere di abbandono di incapace (in concorso con Pilia, Pes, Gadau, Flores e Maniga), in relazione ai cinque pazienti trovati dal Nas in via Savoia ma anche di concorso in abuso d’ufficio per aver mandato alla Pitzinnos pazienti e personale Asl, e omissione in atti d’ufficio per non aver aggiornato le cartelle sanitarie di alcuni malati. Per nascondere queste presunte mancanze, secondo gli inquirenti i tre camici bianchi sarebbero arrivati a falsificare le cartelle prima di consegnarle ai carabinieri. A Pittalis e al collega Fara, con Cadau e Riccio, è contestato il concorso in concussione per induzione. Avrebbero esercitato pressioni per convincere i familiari di un paziente a trasferire in via Nizza il loro caro, che invece era ricoverato in una struttura regolare.
Pittalis e Lentinu sono indagati pure per false dichiarazioni in atti giudiziari e falso ideologico. In due relazioni, «con l’inganno», scrive il pm, avrebbero indotto il Tribunale di Sorveglianza a consentire il trasferimento nella casa di via Savoia di una paziente in libertà vigilata. Secondo loro era adatta alla convivenza. Ma sono stati smentiti da una commissione di valutazione Asl.
Ora gli indagati possono chiedere di essere interrogati e chiarire i troppi punti oscuri di questa vicenda.
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