La Nuova Sardegna

Intervista

I Jalisse: «Non esiste solo Fiumi di parole, a Ollolai ve lo dimostreremo»

di Alessandro Pirina
I Jalisse: «Non esiste solo Fiumi di parole, a Ollolai ve lo dimostreremo»<br type="_moz" />

Giovedì 26 dicembre il duo in concerto per la prima volta in Sardegna. «Per 28 volte bocciati a Sanremo: ora portiamo in tour i brani esclusi»

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Il loro nome viene fuori ogni anno quando si avvicina il festival di Sanremo. Quasi come se la loro vita gravitasse solo intorno alla kermesse ligure. Ma i Jalisse, alias Fabio Ricci e Alessandra Drusian, non hanno in testa solo il festival, che quest’anno per la 28esima volta di fila ha chiuso loro le porte. Anzi. Sono appena rientrati da La Spezia, dove hanno ricevuto il Premio Lunezia, e si apprestano a fare un nuovo tour che li porterà in giro per l’Europa. Nel mezzo il duo sarà in scena in Sardegna, a Ollolai: appuntamento giovedì 26 dicembre alle 18.

La Sardegna non è una tappa abituale dei vostri tour.

DRUSIAN: «A parte qualche ospitata nei villaggi e una vacanza a Santa Teresa è il nostro primo concerto nell’isola...».

RICCI: «E pensare che io ho anche parenti ad Alghero. Non vedo l’ora di andare a Ollolai: sarà un’esperienza bellissima».

32 anni insieme, nella vita e sul palco: c’è una ricetta?

DRUSIAN: «Se c’è la tengo segreta. Ci scopriamo giorno dopo giorno. La cosa bella è che tra noi non ci pestiamo i piedi, ognuno ha i suoi ruoli».

Perché Jalisse?

RICCI: «Prende il nome da un personaggio della serie tv “Tutti al college”, spin-off dei Robinson, Jaleesa. Ma la parte poetica che ci piace di più riguarda quanto ci disse il poeta italo-iracheno Younis Tawfik: il verbo “jalasa” significa sedersi. Il nostro nome vuole dire: siediti, accomodati e ascolta».

Sanremo 1997 fu la svolta. La vittoria non era in programma…

DRUSIAN: «Il nostro unico obiettivo era passare tra i big. Per noi quella fu già una vittoria, tutto il resto è arrivato come un uragano».

RICCI: «Noi siamo gli unici artisti ad avere vinto con una etichetta indipendente. Le major non erano interessate alla voce di Alessandra e allora costituimmo la Jalisse snc e con quella siamo arrivati a Sanremo. Probabilmente, come ha scritto Antonio Ricci nel libro di Gigi Vesigna, abbiamo spaccato a metà il festival, abbiamo rotto un sistema».

La vostra vittoria come fu accolta dall’ambiente?

DRUSIAN: «Alcuni si sono tolti i sassolini dalle scarpe ai tempi di “Ora o mai più”, dicendo che avevo un brutto falsetto, che la canzone non doveva vincere. È vero che poi una settimana dopo Loredana (Bertè, ndr) ribaltò il suo pensiero e mi chiese scusa, ma è fuor di dubbio che la nostra vittoria non fu presa bene».

E da allora il festival è diventato off limits.

RICCI: «Possibile che in 28 anni non abbiamo fatto una canzone valida? In una avevamo collaborato con Luis Bacalov, in una con Maurizio Fabrizio. Per arrivare fino a quest’anno. Ora “No no no no” abbiamo deciso di farla uscire lo stesso. Ma tutto questo ci fa riflettere sull’attacco cattivo nei nostri confronti nel 1997».

Ma nella scorsa edizione siete stati ospiti del festival...

DRUSIAN: «Sì, grazie a Fiorello. Ma noi vogliamo proporre le nostre cose, non solo “Fiumi di parole”».

In questi anni avete lavorato molto all’estero.

RICCI: «Noi siamo ovunque grazie all’Eurovision. Nel 1997 siamo partiti schivando il fango che ci veniva buttato addosso in Italia e siamo arrivati in Sudamerica, Canada, Usa. E anche quest’anno siamo stati a Madrid, Varsavia, Londra. I Jalisse sono molto più stimati all’estero che in Italia».

DRUSIAN: «Ma ultimamente stampa e pubblico si stanno avvicinando a noi. Stanno capendo chi siamo grazie alla nostra caparbietà e testardaggine con cui rivendichiamo il nostro diritto di fare musica».

Cosa c’è nel vostro 2025?

RICCI: «Stiamo promuovendo il nostro singolo “No no no no”, riprenderemo il tour in Europa e ci prepariamo ai live estivi. Vogliamo fare sentire le nostre canzoni escluse da Sanremo. Magari verremo ancora in Sardegna».

DRUSIAN: «Non c’è Sanremo, ma si aprono altre strade. I Jalisse vivono per 365 giorni all’anno, non siamo in naftalina in attesa del festival».
 

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