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Morte Graziano Mesina, gli amici di Orgosolo: «Non un eroe o una leggenda, qui era solo Grazianeddu»

di Simonetta Selloni
Morte Graziano Mesina, gli amici di Orgosolo: «Non un eroe o una leggenda, qui era solo Grazianeddu»

Il poeta Giovanni Pira: «Veniva a parlare con noi nella piazza dove ci troviamo con gli altri anziani»

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inviata a Orgosolo Nella parete esterna del Centro di aggregazione sociale, in Corso Repubblica, c’è uno dei murales più famosi di Orgosolo. Una figura ieratica di anziano, barba lunga e bianca, e la scritta: “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”. La figura di Graziano Mesina nel suo paese era lontana dalla agiografia del bandito, lo era ormai da anni e lo è anche ora che è morto senza aver potuto realizzare il suo desiderio: chiudere i conti con la vita a casa sua. «Qui veniva al pomeriggio, a parlare, a trascorrere qualche ora».

Tziu Juvanne Pira, celebre poeta, scrittore, voce di gruppi di canto a tenore, è nella piazza Caduti in guerra, proprio di fronte al Centro di aggregazione. Con lui, altri anziani, che aspettano che il Centro apra per la partititina a carte del sabato pomeriggio. «Eravamo a scuola insieme, non proprio compagni perchè lui aveva due anni meno di me. Ma anche allora non gli piaceva stare rinchiuso, scappava dalla finestra della classe. Ha frequentato fino alla seconda, terza, poi via, stare al chiuso non era per lui».

Born to run, o meglio to escape: nato per scappare. Ironia della sorte, alla fuga-filo conduttore per l’ex bandito, che di tentativi di evasione ne collezionerà ben 22, si oppone il contrappasso dei 40 anni trascorsi dietro le sbarre. Coetanei, amici. Paesani di un posto dove ci si conosce, e la valutazione dell’altro prescinde dal casellario giudiziale. «Non era un uomo cattivo», racconta un altro degli anziani. Insieme ripassano chi è rimasto a Orgosolo della famiglia Mesina: i nipoti, figli di fratelli e sorelle ormai morti, molti fuori paese tra Nuoro, Budoni, Torino. La casa gialla al numero 279 di Corso Repubblica, dove si era stabilito con un nipote nel 2019 l’ultima volta che è stato a Orgosolo (prima dell’ultima latitanza), è vuota. «Eh, tutto è successo da quando ha vendicato il fratello»; dice ancora un altro. «Non posso dire nulla, praticamente non l’ho conosciuto», è sintetico il giovane che nella piazza Caduti ha un furgone dal quale vende i prodotti tipici di Orgosolo. Ha vent’anni, l’immagine è di un anziano signore sovrappeso che non ha più visto in giro da almeno sei anni. Magari ci sono i racconti del paese, delle famiglie. Ma sono ricordi indotti. «Era una brava persona», dice una giovane barista, alla Caffetteria Mary, e così ripete un altro avventore: «Eh, ci aspettavamo chissà cosa quando è tornato e invece.. uno tranquillo, cosa devo dire».

Giuseppe Rubanu, un altro pezzo di storia di Orgosolo (autore della musica di Nanneddu meu, il Coro Rubanu si esibì anche anche con Don Moye), nel suo negozio di articoli tipici con tanto di cartoline di sughero esposte, spiega che «Gli piaceva farsi fotografare con i turisti». «Mesina, what?» è la domanda di una coppia di olandesi. Sono qui per vedere i murales, dell’ex bandito che ha rimobilitato la stampa a Orgosolo non sanno davvero nulla. Il paese, chiusi i conti con una notorietà indotta dall’ex bandito che fu, quando si tratterà di dargli l’ultimo saluto (la data del funerale non è stata ancora fissata), lo farà al netto della vicenda processuale e personale. Del personaggio Mesina allora, resterà solo la persona. Ma per Orgosolo era così, già da molto.

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